- Accetto con grande piacere la vostra ospitalità. Devo però annunciarvi che quanto proponete è irrealizzabile... Voi, in quanto Stranieri, non potete farci strada. Inoltre, voi potete considerarvi alla pari dei Fortunati. Anzi più in alto di loro, se possibile.- Oh, quale onore! E perché mai? - chiese uno dei due Stranieri con un lieve inchino.Ma a quelle parole scese un silenzio completo, innaturale. Tutti gli oghiza seguivano muti, con estrema attenzione, occhi spalancati, e si erano fatti vicinissimi a loro...

Gli occhi di Qarzast brillarono di estatica collera, quando urlò:

- Perché vedete la vostra Casa di Fuoco Celeste, che enorme quantità di neve ha devastato e disciolto nello scendere!

Decine di acuminati druz furono estratti all'unisono dalle pieghe dei fezev e puntati contro i due. 

La notte era fonda e rischiarata solo dai bagliori morenti di un fuoco acceso dai nativi, ai piedi dell'astronave. Dal cielo rannuvolato non trasparivano stelle. Le montagne soffiavano un vento di gelo che tagliava i volti. Cyril esclamò:

- Legati a questi due pali. Li hanno tirati su in un istante, i maledetti. Dovevano averli preparati...

- Che ti dicevo, bastardo? - sbottò Michaela piangendo di rabbia. - Non vedremo l'alba. E tu là a fare salamelecchi a quel vecchio rincoglionito e alla sua schiera di fanatici.

- In quella piazza ho visto due pali come questi, e due fantocci legati - bisbigliò Cyril. - Era un segno. Un preavvertimento.

- Ho mani e gambe libere, ma solo per schiaffeggiarmi e per prendermi a calci - continuò Michaela lamentevole.

- Torneranno all'alba, immagino. Non vedo molto di quello che c'è intorno, ma sento il ronfo di quei trabiccoli spargispruzzi. E ci devono essere tre o quattro di loro a guardia...

- Ho fame - disse scioccamente Michaela.

La notte si trascinava inerte, buia, glaciale. Senza speranza. Ore e ore. Cyril finì con l'afflosciarsi intontito sul cordame che lo stringeva al torace e scivolò in uno stato di torpore. Gli pareva di udire la vocina lagnosa di Michaela, ma non voleva sforzarsi a capire le parole. Refoli di vento, scoppiettare degli ultimi tizzoni ai piedi dell'astronave, qualche movimento nei guardiani che li sorvegliavano, certo con la massima attenzione. A un certo punto Cyril si svegliò di soprassalto al grido di Michaela:

- Ho fame! Ehi, voi: ho fame!

Qualcosa si mosse e venne avanti dall'oscurità. Uno dei nativi si avvicinò e rimase ad osservarli. Cyril credette di scorgere in quegli sguardi curiosità ma anche timore.