L’ascesa alla Sala delle Rimembranze è un percorso catartico verso le stelle, utile a schiarirmi le idee. La Terra non è che un ricordo remoto, quassù su Armaghast, ottenebrato dai parsec di vuoto silenzio e oscurità del Mare della Notte, immerso nell’accecante rumore bianco sprigionato senza interruzioni dal suo sole demoniaco. La felicità di un tempo sembra relegata ad una sfera ideale di irraggiungibile perfezione. Lei sembra un sogno sfuggente, dotato di una polarità ambigua che al contempo riesce ad attrarmi e a respingermi con eguale intensità.Sento il tormento della frustrazione fiorire sotto gli strati chitinosi di lega organica che compongono la fibra del mio esoscheletro. Il cuore è una pompa a disordine elastico che pulsa fuori giri nel centro gravitazionale del mio essere, ripercuotendosi ovunque in vibrazioni di pura coscienza emotiva.Continuo l’ascesa lungo ciclopiche gradinate di marmo.Raggiungo infine la meta del mio viaggio. L’Arconte è un simulacro rivestito di chitina nera e opaca che mi fissa distaccato dal cuore del suo regno immenso senza periferia e senza confini. Nei suoi occhi – unica componente organica sopravvissuta all’olocausto delle sue originarie spoglie mortali – vedo rifulgere un barlume di curiosità mista ad ammirazione.La perseveranza e la tenacia che mi hanno consentito di sopravvivere allo scontro e di raggiungere il nucleo del suo impero sono chiaramente fonte di una stima sincera nei miei confronti. Trovo assurdo pensare che l’essere che mi fronteggia, matrice o proiezione che sia, sia l’unico in grado di restituirmi quanto mi è stato sottratto.
Bentornato a casa, uomo. La Sua Voce vibra nella mia psiche con il fragore di un tuono, colmo di paterna magnanimità. Sei stato un soldato valoroso. Chiedimi dunque cos’è che vuoi, e ti sarà data la tua ricompensa.
Rifletto per qualche istante. Non è incertezza, la mia, solo timore di ricevere un potenziale diniego. Un rifiuto quale scelta potrebbe lasciarmi?
- Poter tornare indietro… - biascico sopraffatto dalla stanchezza, e il mondo delle illusioni mi si mostra piacevole, sicuro e appagante come un Paradiso Perduto. Irreversibilmente.
L’Arconte, nella sua armatura lucente e inquietante, viene scosso da un fremito intimo e profondo. Immagino che sia il suo modo di esprimere una risata. Poi, negli occhi neri di liquido metallo, vedo baluginare lo splendore di un supremo compiacimento.
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La capsula di incubazione è una bara concepita da una mente contorta e sadica. Un intrico di tubature e cavi fornisce l’alimentazione a questa scultura dall’immane potere suggestivo, in un repellente capovolgimento concettuale dell’organica relazione tra l’interno e l’esterno. Sotto la fibra isolante, posso avvertirlo, scorrono flussi incandescenti di energia purissima, veicolata dalle guide d’onda, convogliata nel nucleo di controllo del dispositivo per evocare dal suo placido letargo lo Spirito Supremo del Tempo.
Prigioniero impotente della mia ultima speranza, mi sembra di osservare il mondo da un acquario.
Mentre guardo l’Arconte armeggiare con le sue sofisticatissime apparecchiature – strumentazioni avvolte da un’aura aliena di inesplicabilità – mi accorgo che qualcosa di strano sta accadendo: inesorabilmente ma progressivamente, i limiti della mia percezione del mondo stanno cambiando. Lo sconvolgimento da alterazione sensoriale è sintomatico di una imminente perdita di coscienza.
Poi, un’ondata di gelo mi assale, propagandosi incontenibile lungo gli assi neurali della mia consapevolezza. L’incantesimo quantistico su cui si fonda l’apertura della cronosoglia spalanca le porte alla dissociazione… sento di esplodere fuori dalle mie ibride membra, in preda ad una sublime espansione verso i confini stessi dell’Universo. Nuove viscerali connessioni si instaurano tra il mio essere senziente e la ricettività paziente del cosmo.
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