"È un racconto difficile da guardare per le cose sconvolgenti che propone, ma al tempo stesso si tratta di una bellissima storia d’amore tra un padre e un figlio." Viggo Mortensen descrive così The Road tratto da La Strada, il capolavoro dello scrittore americano Cormac McCarthy.
Un romanzo che riprende, stravolgendole, le suggestioni itineranti della mitologia americana legata ai viaggi, una sorta di "Jack Kerouack acido" con cannibali e uomini diventati mostri e che restituisce le emozioni di tanto cinema e letteratura precedenti, da Io sono Leggenda a L’alba del giorno dopo, da Zombie a Mad Max, The Road non racconta una storia del tutto originale nella sua angosciata declinazione postapocalittica.
Eppure, nonostante in alcuni momenti potrebbe prestarsi a ricordare qualcosa di molto splatter al limite del cattivo gusto il libro, pubblicato nel 2006, è struggente e drammatico come pochi altri romanzi in virtù della sua disperazione e, al tempo stesso, della sua apparentemente inesauribile resilienza. Un romanzo la cui forza narrativa è fondata su uno stile in grado di creare un’atmosfera unica, ambientato sulle strade di un’America che ha conosciuto l’Apocalisse e che è profondamente intriso di spiritualità e speranza, affrontando il tema della paternità e della preservazione del futuro.
L’autore Cormac McCarthy è diventato padre di un bambino quando già era un uomo anziano: The Road è, così, una celebrazione del legame di un figlio con un padre assordato dal rumore delle lancette di un orologio che presto potrebbe indicare l’ora di un’inevitabile separazione. “Come padre di un figlio di nove anni, quando ho letto il romanzo ho capito esattamente quale era il cuore narrativo di questa storia.” Spiega il regista australiano John Hillcoat, autore de La Promessa con Guy Pearce e Nick Cave. “Sapevo di doverla raccontare in una maniera che non poteva ammettere alcun tradimento. Questo perché chiunque abbia letto il libro, padre o figlio che sia, si relaziona immediatamente al suo cuore narrativo che è quello e non può essere altro. C’è una verità emotiva in questo romanzo che deriva dalla capacità di McCarthy di evidenziare cosa ci rende umani attraverso il contrasto con quanto accade nella trama. Dopo la lettura del libro, ho pianto e quando, molto tempo dopo, ho avuto la possibilità di fare questo film, non avevo dubbi che l’unica maniera per farlo fosse quella di rimanere legati a quella verità. Questa era l’unica scelta possibile, soprattutto, dopo avere conosciuto Cormac McCarthy che è anche uno dei miei autori preferiti. L’onore di portare sullo schermo il materiale di uno dei principali scrittori contemporanei ha implicato da parte mia un forte senso del rispetto per lui e il suo lavoro.”
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