Lo avrete già letto sui giornali o sentito alla televisione: Dennis Hopper, attore istrionico e carismatico, è morto lo scorso 29 maggio a Los Angeles, all'età di settantaquattro anni, stroncato da un cancro alla prostata che lo tormentava da alcuni anni.
Hopper era nato a Dodge City, nel Kansas, città simbolo del vecchio west e protagonista dell'epopea dello sceriffo Wyatt Earp e di Doc Hollyday. E Hopper quest'epopea se l'è portata nel sangue ovunque è andato e qualunque film abbia girato; un bel po' è riuscito a travasarne anche in Easy Rider, film simbolo sulla beat generation del 1969 di cui è stato anche regista, e che gli ha dato la fama mondiale. Le sue scelte professionali sono state a volte discubitili ma sempre giocate sul filo dell'avventura artistica, che comprendono anche capolavori come Apocalipse Now e Velluto blu. Così come avventurosa è stata la sua vita privata, con cinque mogli e quattro figli.
Sul versante fantascientifico e fantastico, Hopper ha lasciato la sua impronta istrionica e sarcastica in diverse pellicole, non sempre di qualità degna delle sue capacità di attore. Si va da L'inferno ci accusa del 1957, curioso filmetto fantastico sui pericoli dell'era atomica al fantasy puro di Night Tide, in cui l'ufficialetto di Marina Hopper si trova ad aver a che fare con la discendente di una Sirena. Nel 1966 è la volta di Queen of Blood, B-movie fantahorror a base di alieni ghiotti di sangue, mentre nel 1967 interpreta un ruolo nell'allucinato Il serpente di fuoco, sotto la regia di Roger Corman. E' di fantascienza pura Ritorno alla quarta dimensione del 1985, nel quale interpreta un professore di scienze scagliato indietro nel tempo, mentre nel 1990 interpreta il curioso Flashback, produzione americana ma diretto dall'italianissimo Franco Amurri (Da grande) in cui l'attore si trova a rivaleggiare con un agente FBI interpretato da Kiefer Shuterland (e i due si ritroveranno antagonisti nella prima stagione di 24). Hopper è stato anche tra le prime star di Hollywood a recitare nei videogame: The Ripper e Black Dhalia, tra i prodotti a cui ha prestato la propria interpretazione.
Da qui in poi è storia nota. L'orribile Super Mario Bros. del 1993 si ricorda giusto per la sua interpretazione, mentre in Waterworld del 1995 riesce quasi a rubare la scena al divo Kevin Kostner. Nel 1996 è nel cast di Space Truckers, filmetto di poche pretese sui camionisti spaziali, e nel 1997 interpreta l'oscuro e allucinato Blackout, per la regia di Abel Ferrara. Poi è la volta dei fantahorror: La terra dei morti viventi del 2005, Il Corvo 4 nel 2008. In televisione ha partecipato a Ai confini della realtà e Kronos; ultimamente ha fatto parte del cast regular dei serial E-Ring e Crash, prima che la malattia lo debilitasse a tal punto da impedirgli di lavorare. Un tratto comune che Hopper è riuscito a portare in tutti questi progetti, molti dei quali di dubbio gusto, è stata la sua immancabile verve e il suo stile che consisteva nel non prendersi mai sul serio. Riuscendo così a sembrare credibile anche in film e ruoli che di credibile non avevano nulla.
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