- Andiamo Diaz. Questa è la tesi degli scettici e di quelle larve che occupano le cattedre di Storia nelle nostre università. Lei è un uomo di mondo. Helena Petrovna Blavatsky, la fondatrice della Teosofia, era molto simile a lei. Un’avventuriera nata nella Russia del secolo scorso, capace di vivere di ogni sorta di espedienti in giro per il mondo: dalla carriera di artista circense a quella di banditessa nel Far West! Un’abile manipolatrice che organizzava false sedute spiritiche, ma anche una donna che manifestò sin da bambina impressionanti facoltà sovrumane e che, un bel giorno, sostenne di aver appreso da un venerabile “Maestro” dell’esistenza di un libro che rivelava la vera origine del mondo e la creazione della nostra razza ad opera di dei provenienti dallo spazio!! Quest’opera venne definita “Le stanze di Dzyan”. Fu così che nacque la sua leggenda…- Sa, mio misterioso rapitore. Credo proprio che dovrò ringraziarla. Per decenni ho sofferto di una grave forma di insonnia. Ora, grazie al suo contributo, credo che passerò le prossime tre settimane in totale narcosi!

- Scherzi pure. Ma nessuno meglio di lei sa cosa si cela negli angoli più reconditi della Terra. Nelle architetture delle grandi cattedrali di Francia o nei sotterranei del Louvre, nelle caverne  del Mar Morto o fra i variopinti bazar di Baghdad. Vi sono documenti che attestano la falsità delle nostre attuali conoscenze, che narrano le prime luci della civiltà umana e di come essa sia soggetta all’arbitrio di forze che non appartengono a questo Mondo. Come quelle che tirano le fila della sua DAMOCLE!

“Le Stanze” costituiscono il libro più antico che la storia ricordi. Si diceva fosse custodito nel regno segreto di Agarttha. Poi, una serie di circostanze lo portarono fra le mani della Blavatsky. Ma il Vaticano, in accordo con i servizi segreti di altri governi, promosse una devastante campagna di stampa per screditare lei e i suoi seguaci in modo da potersi impadronire del libro…  e alla fine ci riuscì!

- Lei è un pazzo fanatico, sa?!? Ed anche se dovesse ottenerlo questo libro, cosa ne farebbe? Lo declamerebbe ad Hyde Park?!

- Caro Diaz. Non posso rivelarle tutto in una sola volta. È arrivato il momento di congedarci. Credo che sua figlia stia per arrivare. Si rilassi. Fra poco sarà tutto finito…

…One

Il Marina Porto di Roma è una darsena privata situata sulla sponda sinistra di Fiumara Grande e costituisce uno dei due approdi del Lido di Ostia. L’accesso, consentito a natanti di ogni dimensione, è limitato alle ore diurne. Tuttavia c’è sempre un’eccezione se si è abbastanza influenti con le locali autorità portuali, come il proprietario del lussuoso yacht che vi ha attraccato nel cuore della notte. “Tullio Ostilio” è un nome davvero brutto per un natante tanto sontuoso, dal design futuribile e lungo quasi 30 metri, dotato di speciali sci per raggiungere velocità elevatissime sull’acqua, di un motore a propulsione nucleare - ma questo è un dettaglio “top secret” – e di un cervello elettronico a regolarne le principali funzioni. Il suo proprietario è, tuttavia, uno degli uomini più ricchi d’Europa, e può permettersi di chiamarlo come gli pare, nonché di usarlo in ogni periodo dell’anno, persino in un freddo mese di gennaio. Anche perché si trova in procinto di salpare per lidi più caldi e soleggiati in un buen retiro nel cuore delle Bahamas. Non appena sarà concluso un certo “affare”.

Il conte Silla Dragonis si trova sull’immenso ponte della barca in piena notte, assistita però da un bel cielo stellato. È un sincero aristocratico, un sessantenne in veste da camera che dimostra vent’anni anni di meno. La pelle abbronzata, due baffi sottili, capelli all’indietro appena spruzzati di grigio alle tempie, lo sguardo penetrante di chi è abituato a farsi obbedire. Possiede una delle Case d’Aste più prestigiose ed esclusive dell’intero Vecchio Continente, specializzata in reperti e opere d’arte risalenti dell’antica Roma. Siede su uno scranno appartenuto all’imperatore Commodo e giocherella con uno dei cimeli della sua collezione: una sfera di cristallo con all’interno lo scheletro di un dito proveniente dalla mano sana di Muzio Scevola. Si versa del vino caldo, in una coppa di legno finemente cesellata, da un cratere posto su un tavolo di tuia appartenuto a Cicerone. Sullo stessa superficie è deposto anche il bastone di Diaz, dall’impugnatura in argento a testa di lupo. Il suo sorseggiare dimostra un principio di impazienza, ma tutto sommato ancora sotto controllo. Sulla pedana metallica di fronte a lui si verifica uno strano fenomeno: alcuni punti luminosi si moltiplicano come uno sciame di lucciole, poi lo sciame prende rapidamente forma umana.