Città del Vaticano è uno stato bonsai nel cuore di Roma che si estende per meno di un chilometro quadro fra le propaggini meridionali di Monte Mario e quelle settentrionali del Gianicolo, riconosciuto col trattato lateranense del 1929 e denso di catacombe e biblioteche in cui si è preservata la memoria e la sapienza di ere remote, antiche già prima della caduta di Atlantide e della venuta dei figli di Arias.

A partire dal secondo Dopoguerra, i più potenti servizi segreti del Pianeta - KGB e CIA in prima fila - hanno tentato di impadronirsi dei suoi segreti inestimabili, dei manoscritti che svelano la natura delle Forze in gioco sulla scacchiera di questa e di infinite altre dimensioni.

C’è però un ostacolo tutt’altro che trascurabile: un bel po’ di preti e di suore incazzose e per nulla remissivi. Sono i membri dell’Ordine della Rosa d’Acciaio, preposto a vegliare sulla sicurezza del Papa, ma anche a custodire alcuni degli oggetti più “scottanti” in possesso della Santa Sede: dalla trascrizione del Terzo Segreto di Fatima all’originale Sindone (quella presente a Torino è un falso risalente al Medioevo). Individui che non si fanno scrupolo di usare armi da fuoco, da taglio ed ogni forma conosciuta sul pianeta di lotta a mani nude. Ne sanno qualcosa le mani mozzate di tre agenti russi inviate per posta ai loro mandanti di Mosca nel 1953, pochi giorni prima della morte di Stalin, ed un noto “eroe americano” – un artista delle operazioni sotto copertura - lanciato via da un’auto in corsa proprio davanti all’ambasciata USA della Capitale, qualche anno dopo. Legato e imbavagliato, ma vivo.

Ovviamente il Santo Padre viene “diplomaticamente” tenuto all’oscuro dell’azione di queste strutture segrete. A dirigere le operazioni c’è il cardinale AleXei Kazentzev, alto prelato russo che da decenni si preoccupa di vigilare sulla sicurezza di Santa Madre chiesa. Sfuggito alle purghe staliniste e all’arcipelago gulag, Kazentzev è da sempre l’ispiratore dell’Ordine e, in particolare, della squadra speciale nota come “Pax Mundi” (sic…!!!)

 

Ora proviamo ad addentrarci nelle profondità del notissimo Castel S. Angelo, conosciuto anche come Mole Adriana o "Castellum Crescentii". Si tratta di un mausoleo romano, eretto da Adriano nel 138 e situato sulla sponda destra del Tevere, di fronte al pons Aelius (attuale ponte Sant'Angelo) a poca distanza dallo stato pontificio. Nel medioevo i papi lo trasformarono in fortezza e nel 1756 vi posero la statua bronzea dell’Arcangelo Michele, in ricordo di una visione descritta da Gregorio Magno.

Data la funzione assunta dal Castello nel Medioevo, gli eredi di Pietro ritennero utile costruire un passaggio protetto per rifugiarsi nella fortezza in caso di assedio: il cosiddetto “passetto”, un corridoio elevato e fortificato che unisce Castel S. Angelo ai Palazzi apostolici; esso si rivelò provvidenziale nel giugno 1527, quando Clemente VII vi si rifugiò nei tristi giorni del Sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi. Ma fu all’inizio del secolo scorso che i fedelissimi del Santo Padre presero a costruire dei presidi sotterranei, in cui trasferire determinati tesori e rarità di un tempo precedente la venuta di Cristo, collegati da una vera propria ferrovia e da un minitreno che pare uscito da Disneyland, ma con una statua della Vergine che campeggia sulla locomotiva al posto di Topolino. Nelle viscere della struttura, il “presidium XIV” ospita una cantina con una riserva speciale di vini pregiati – il fior fiore dei Castelli Romani - tenuta per conto di alti prelati e porporati. Alcuni bevono per alleviare l’assenza forzata di donne nella loro vita, altri per dimenticarne la presenza eccessiva. Ma, come potrete senz’altro immaginare, il tutto è l’ennesima “copertura”. Circondata da infiniti scaffali di bottiglie da un litro ed enormi botti di legno ben stagionato, spesso segnate da crocifissi e altri simboli sacri – così il vino non trasmuta in aceto -, c’è un’ampia area circolare simile a un altare, al cui centro è posta un’anfora romana circondata da sistemi elettronici d’avanguardia e da una mezza dozzina di guardie svizzere armate di fucili mitragliatori. A capo della sorveglianza vi sono due donne: Sorella Lucia e Sorella Jean, agenti scelti di Pax Mundi. Lucia è una suora veggente dal volto asciutto e sofferto, magra come la morte in vacanza e non più alta di un metro e sessanta; Iddio le ha concesso il dono di prevedere il futuro e imporre la sua volontà alle menti più deboli paralizzandone il corpo e obbligando i malcapitati a dare la zampa e saltare in un cerchio di fuoco, se necessario. Jean è invece una vera guerriera, un metro e ottanta di nordica fierezza - sangue fiammingo le scorre nelle vene -, che non ha nulla da invidiare alla sua omonima nata ad Orleans una manciata di secoli prima. Un corpo statuario avvolto in un austero abito bianco e dotato di una spada antica quanto letale per difendere la Chiesa e la propria verginità (che spreco!!). Queste due donne uniscono forza e saggezza, spirito ed essenziale brutalità. Separate sono temibili, unite praticamente imbattibili.