Se qualcuno ci riesce, un settore che andrebbe coltivato è quello dell'editoria per ragazzi, sia perché i romanzi per ragazzi che affrontano tematiche di fantascienza sembrano avere un certo mercato (e una bella fetta del mercato generale dell'editoria è costituita stranamente proprio dai lettori giovani), sia nella speranza che i lettori giovani rimangano lettori anche da adulti. Alessandro Fambrini
Credo che sia un momento importante per la fantascienza italiana, e per due ragioni, contrastanti e anzi in apparenza contraddittorie.Da una parte, forse per la prima volta nella storia c’è la possibilità che si sviluppi una generazione di scrittori professionali di fs, o quantomeno non occasionali, non costretti ad abusare dei loro ritagli di tempo per dar forma e voce alla loro passione. Finora i pochi professionisti che ha prodotto il nostro settore (anzi, a dire il vero mi sembra che l’unico in Italia che possa dire di aver bene o male campato di sola fantascienza sia Ugo Malaguti) sono stati costretti a sacrificare le loro ambizioni autoriali sull’altare della necessità, spendendo le proprie doti e la propria competenza in attività editoriali, come curatori di collana, direttori di riviste, traduttori, consumando energie copiose per un lavoro lodevole e anzi fondamentale, ma ingabbiando di fatto le loro doti creative e limitandosi a poche, sporadiche incursioni narrative dopo esordi scoppiettanti. Molti degli altri science-fictioneer italiani hanno scritto quanto e quando hanno potuto, sorretti solo da un grande amore per il genere o da un’attrazione momentanea che, in assenza di un contesto, non ha potuto svilupparsi in qualcosa di più organico e strutturato. Quanti buoni romanzi e racconti sono andati perduti in questa dispersione di forze e non hanno mai visto la luce? E quanti capolavori? Quanti potenziali scrittori sono stati soffocati in culla? Ma ora forse le cose stanno cambiando. Accanto a Delos ed Elara, organicamente aperti agli italiani, si sta muovendo Mondatori secondo quella che appare una politica editoriale non episodica. Lippi e Altieri stanno allevando una generazione di giovani che, se anche non saranno professionisti della fs (ma io glielo auguro) hanno buone possibilità di diventarlo della scrittura (penso a Di Matteo, a Verso, penso a Tonani e alla recente notizia dell’opzione di Infect@ per una sua riduzione cinematografica). E il pubblico risponde. Mi sembra una fase estramemente positiva, nelle sue dinamiche che, come spesso avviene in questi casi, sono anche segnate da polemiche, discussioni, contrasti.
E ora, un motivo che fa a pugni con quanto ho appena detto. Buona parte della bellezza e dell’originalità della fs italiana deriva dal fatto che le sue opere scaturiscono da urgenza e passione, anziché da esigenze di mestiere e dalla pratica ben consolidata di routinier. La fs non è solo continuità, è anche discontinuità, sorpresa, ribaltamento dell’ovvio. Almeno, mi piace pensare che lo sia. E tutto ciò nasce più facilmente ai margini che al centro di un sistema. Da quei margini, riviste come Futuro Europa, Nova SF o Robot hanno dato tanto alla fs italiana e speriamo che possano darlo ancora.
Ecco, questi sono i miei due argomenti, e ovviamente la risoluzione della contraddizione è implicita: per essere tali, i margini hanno bisogno di un centro cui rapportarsi. Finora, forse, abbiamo avuto solo i margini.
Non credo che la fs potrà mai essere davvero per il grande pubblico. La fs richiede troppa attenzione, intelligenza, conoscenza: la condizione di esistenza che potrebbe permettere una larga condivisione di tutto ciò, e di altro ancora, può aver luogo solo in un’utopia che, ahimè, mi sembra molto al di là da venire. Però, se davvero da romanzi come quello di Tonani verranno tratti dei film, la ripercussione a livello di popolarità potrebbe essere notevole. Speriamo solo che ciò non comporti anche un appiattimento delle qualità del nostro genere preferito.
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