Alice in Wonderland è uno dei migliori film mai diretti da Tim Burton e, in linea più generale, senza dubbio, un capolavoro di eleganza e di stile.
Reso ancora più spettacolare dall’utilizzo del 3D, il film prende le mosse tredici anni dopo quello che Alice, una ragazza inglese della Londra del diciannovesimo secolo, ritiene essere stato uno ‘strano sogno’.
Ed è proprio quando un giovane futuro Lord un po’ untuoso, la chiede in moglie davanti ad tutti i partecipanti ad una festa che la ragazza scorge un coniglio bianco con tanto di sveglia. In quel momento, lasciato precipitosamente impalato sotto ad un gazebo, il possibile futuro sposo (un altro esemplare della “galleria di mostri” creati dal talento irriverente di Burton), Alice, per inseguire quell’insolita quanto candida figura, scivola in un buco e si trova in un luogo che sembra avere qualcosa di familiare.
In quell'insolito posto, popolato da animali parlanti e da buffe creature, Alice incontra il Cappellaio Matto (un irriconoscibile Johnny Depp) e, sullo sfondo dello scontro tra la buffa quanto crudele Regina Rossa e l’eterea Regina Bianca (interpretate rispettivamente da due straordinarie Helena Bonham Carter e Anna Hathaway) si trova a dovere fare delle scelte che influenzeranno non soltanto quello che ritiene essere un’altra volta ‘solo un sogno’, ma anche la sua possibile vita futura.
Alice in Wonderland è, a tutti gli effetti, un racconto di formazione: la storia di una ragazza alle prese con una situazione al di fuori dell’ordinario che si trova a fare molte domande, ma soprattutto a dovere dare una risposta a quella più complicata di tutte: “Chi sei tu?”
E anche se a porre il quesito è un bruco blu fumatore un po’ vecchiotto, la replica al quesito non è meno importante.
L’Alice del film di Tim Burton, così come viene raccontata nella notevolissima sceneggiatura scritta da Linda Woolverton, una delle autrici di Il Re Leone, non è più una bambina, bensì una giovane donna che deve compiere delle scelte se vuole essere veramente felice.
Le più importanti, però, non riguardano il seguire o meno i consigli dello Stregatto oppure se accettare il proprio destino di dovere indossare l’armatura e diventare la paladina della Regina Bianca, bensì la necessità della scoperta di se stessa e della propria vera identità di donna e di figlia di suo padre. A dispetto di quello che le convenzioni e le persone che le vogliono bene sembrano chiederle.
In questo senso, Alice in Wonderland è un elogio della follia intesa come lungimirante capacità visionaria di persone che gli altri ritengono dei pazzi e che, invece, sono in grado di riuscire ad immaginare quello che gli altri non vedono.
La storia di Alice non è, dunque, solo un viaggio spettacolare ed emozionante all’interno di un mondo magico, bensì un percorso personale altrettanto avventuroso, alla ricerca di quello che conta di più nella vita, facendo affidamento sulla capacità di ascoltare gli altri, nonostante le apparenze e il buon senso, suggerirebbero il contrario.
Un film sulla ricerca di sé, celebrata simbolicamente dal personaggio creato da Lewis Carrroll in quello che non è né un remake del cartone animato, né tantomeno una rilettura del racconto, bensì un loro proseguimento adulto che pur prendendo le mosse dagli stessi luoghi fantastici, resi in maniera straordinaria da Burton, guida lo spettatore in una direzione affascinante, ovvero quella della conquista della libertà attraverso la conoscenza di sé.
Alice in Wonderland, dunque, sembra andare bene oltre la propria elegante e talora esilarante poetica, consentendo allo spettatore un viaggio visivamente indimenticabile alla scoperta del ‘paese delle meraviglie’, ma anche del proprio sé, attraverso le scelte e le azioni di una ragazza interpretata magnificamente dall’attrice australiana Mia Wasikowska.
Un film in cui troviamo significativamente l’impronta del genio di Tim Burton; un regista che fa del personaggio creato da Carroll l’occasione per portare sullo schermo un altro outsider alle prese con un’avventura indimenticabile in grado di sconvolergli l'esistenza.
Da non perdere.
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