Nel 1950 iniziò a lavorare per le ferrovie - come suo padre prima di lui - e, come sappiamo,

Nel 1959 Miller rimaneggiò fortemente le versioni originali dei racconti, concependo sì un’opera unica, ma ancora divisa in tre parti teoricamente indipendenti (Fiat Homo, Fiat Lux e Fiat Voluntas Tua), alla stregua di Cronache Marziane di Ray Bradbury. Grazie alla revisione, l’autore approdò ad un discreto realismo e ad una notevole “compattezza tematica” dell’ambientazione, che perde smalto, forse, solo nell’ultima parte. Il lavoro di ricerca storica appare decisamente accurato. I primi due racconti ripercorrono in modo convincente l’età tardo antica e medioevale (Fiat Homo) e il rinascimento (Fiat Lux), nel quale Miller fa coesistere elementi medioevali e caratteri tipici dell’età moderna (dalla raffinata diplomazia allo spionaggio, dalla figura dell’intellettuale laico alle innovazioni belliche). Saccheggiò il latino dalle sacre scritture e dalle cerimonie liturgiche cattoliche per dare dignità linguistica e omogeneità ai racconti; riuscì comunque a non appesantire l’ossatura, peraltro avvincente, della fiction. La suggestione del latino è più incisiva per un lettore madrelingua anglofono (sebbene risulti pur sempre godibile) e scade solo di rado nell’effettismo fine a sé stesso.
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