Vuoi spiegarci qualcosa degli oneri e delle difficoltà che derivano dall’organizzazione e gestione di una manifestazione di questa portata? C’è moltissima passione, dentro, oltre che competenza e professionalità. Alla fine, sono convinto, anche tanta soddisfazione.: )
La macchina organizzativa di un festival è davvero complicata da gestire, anche se la nostra manifestazione non ha una dimensione enorme: siamo un festival “low budget”, con uno staff di poco più di una decina di persone; ovviamente, a ridosso della manifestazione la cerchia si allarga ad altri collaboratori, volontari e stagisti, tutti impegnati generosamente a farsi in quattro per il buon successo del festival! La spinta non arriva certo dalle prospettive economiche, ma soprattutto dalla passione e dalla curiosità: la parte bella del lavoro è girare gli altri festival, vedere film in anteprima, incontrare gli amici del settore e raccogliere interviste con i registi che vorresti invitare. Certamente, quest’anno la soddisfazione è tanta per il grande successo, e per gli apprezzamenti che abbiamo avuto dal nostro pubblico. Il grosso limite è dettato dal budget: ci sono sempre tantissimi progetti in cantiere, e non sai mai se e quando potrai realizzarli… ma anche questa è una molla per cercare di crescere e di migliorare, edizione dopo edizione.
Vogliamo concederci una piccola finestra storica? Quando nasce il Festival della Fantascienza di Trieste? Quale ricchezza ha consegnato al cinema di SF? Come si è spenta la sua prima vita?

Poi il festival è rinato, grazie alla Cappella Underground e al team che ancora oggi coordina il tutto. Come ricordi quella partenza?
Faticosa e avventurosa, un’operazione nata di slancio e che ha prodotto forti contraccolpi anche all’interno della nostra associazione. Insomma un’esperienza adrenalinica degna di un fantafilm! In realtà c’è voluto parecchio tempo per dare al festival una forma compiuta, simile al palinsesto attuale: il concorso, ad esempio, è ripartito solo nel 2004, quando ci siamo resi conto che stava rinascendo una produzione di film indipendenti, tali da meritare una competizione e una giuria, realizzati da giovani registi emergenti di tutto il mondo. Le nuove tecnologie hanno permesso di avvicinarsi a un genere dispendioso come la science fiction anche a produzioni che non dispongono di budget colossali, e così accanto ai blockbuster e ai classici “teenage movies” hanno iniziato a spuntare film sperimentali che battono nuovamente i sentieri della fantascienza più tradizionale.
Come Direttore del Festival devi essere super partes, ma qualche tuo commento sulle qualità dei lavori presentati credo tu possa permettertela, soprattutto ora, a posteriori. Partiamo dalle opere premiate: l’Asteroide (assegnato dalla giuria composta da Bruce Sterling, Gilles Esposito e Antonio Serra) per il miglior lungometraggio è andato a First Squad / The Moment of truth, una coproduzione russo-nippo-canadese, diretta da Yoshiharu Ashino...
Ecco un esempio di film di sperimentazione, un cartoon giapponese realizzato dallo Studio 4C, quelli di Mind Game, su un soggetto e una sceneggiatura di due autori russi: insomma, una specie di Nightwatch ambientato ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, che perdipiù eccede i limiti del cinema d’animazione con inserti di interviste live action, come si trattasse di un documentario. La giuria ha evidentemente premiato il film più innovativo sul piano del linguaggio!
Menzione d’Onore invece per l’ottimo Metropia di Tarek Saleh, anche in questo caso un film d’animazione, ma con tecniche e stile originali, decisamente incisivi e ben riusciti. Nella motivazione, la giuria ha parlato di “avanguardia del cinema fantasy europeo nel 2009”: per quanto mi lasci un po’ perplesso la scelta del termine “fantasy”, sono convinto che la menzione ci stia tutta. Cosa vuoi aggiungere su Metropia? È una coincidenza che entrambi i riconoscimenti siano andati ad opere d’animazione, per quanto estremamente differenti tra loro?
In effetti Metropia è un film che potrebbe stare ampiamente nella categoria della fantascienza nel senso più ortodosso. Anche in questo caso, un film piuttosto innovativo nella forma, un’animazione completamente diversa da quella di First Squad e realizzata in Scandinavia. Al di là della coincidenza nel giudizio sui due film, mi sembra però un dato di fatto che molte delle opere più innovative e creative degli ultimi anni appartengono proprio al sistema del cinema di animazione, dove la fantasia non ha confini e anche le soluzioni di regia più virtuosistiche vengono ormai applicate per dare alle storie ritmo e spessore. Non sarà un caso se all’ultima Mostra di Venezia il Leone d’Oro alla carriera è andato a John Lasseter e allo staff della Pixar…
A partire da questa edizione, il nostro festival è entrato formalmente nel circuito del Méliès d’Oro, assegnato nell’ambito del Festival del Film Fantastico di Sitges. Parallelamente alla competizione per l’Asteroide, quindi, vari lungometraggi concorrevano anche per l’assegnazione del Méliès d’Argento, nomination indispensabile per poi accedere alla fase finale di Sitges. Ha vinto l’horror The Children, dell’inglese Tom Shankland.
È vero, da quest’anno stiamo nel gotha dei festival europei dedicati al fantastico. Una giuria capitanata da Enzo G. Castellari ha decretato che il vincitor del Méliès d’Argento per Trieste è The Children, e così il suo regista Tom Shankland potrà contendersi il Mèliès d’Oro alla prossima edizione del festival di Sitges in ottobre. The Children è un horror che eredita la tradizione britannica delle storie di bambini malvagi, un po’ come nel Villaggio dei dannati! Certo, qui siamo di fronte a un racconto crudele dove la fantascienza entra solo di striscio: ma è naturale che un festival specializzato come il nostro allarghi l’orizzonte verso altre forme di cinema di genere, almeno nelle aree limitrofe del fantasy e dell’horror.
Ha invece ricevuto il premio del pubblico la commedia sentimentale Timer: brillante, leggero ma non evanescente, fluido e con un buon dialogo. Non pretende di dare risposte, ma fa emergere qualche buona domanda. C’è chi ha messo in dubbio la valenza della componente fantascientifica di Timer, che però ci sta eccome. In certi casi, ho la sensazione che l’appassionato duro&puro tenda ad essere elitario nell’approccio ai soggetti, con criteri di incusione/esclusione piuttosto arbitrari e/o contraddittori. A tuo avviso, quanto il “contenitore” SF è ricettivo, eclettico, commisto e via discorrendo?

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