Quest'anno di fumetti, dal punto di vista fantascientifico, è cominciato in modo sommesso per poi regalare alcuni inaspettati capolavori. Entrambe le saghe estive delle due maggiori case editrici, Marvel e Dc Comics, si sono svolte attorno a tematiche fantascientifiche e con livelli pubblicitari, soprattutto per quanto riguarda la Marvel, paragonabili, per il mondo del fumetto, a quanto stiamo vedendo ora per Avatar.
Secret Invasion ha portato un volto di Skrull, alieni mutaforma decisi a invadere e conquistare il nostro pianeta, su quasi ogni pubblicazione da marzo a novembre e ha interessato praticamente tutte le testate della Casa delle Idee. Scoprire se il proprio supereroe preferito magari da qualche tempo poteva esser stato sostituito da un perfido alieno avrebbe anche potuto diventare un buon elemento d'inizio, ma rivelarsi al contempo un debole pilastro su cui basare un intero crossover. Cominciata in modo leggero ma con un discreto brio e con qualche trovata interessante, Secret Invasion ben presto naufraga nel solito stereotipo della scazzottata senza senso fra esseri con superpoteri finendo in modo indecoroso, dopo aver perso per strada tutta la fantascienza, in un mega-pestaggio al centro della città più decisiva di tutto l'universo Marvel, New York.
Final Crisis o Crisi Finale, targata invece Grant Morrison e Dc Comics, sbarca oltreoceano di soppiatto, ma si sviluppa in modo altrettanto capillare all'insegna di uno dei grovigli spazio temporali e fra realtà alternative più intricati del mondo conosciuto, quello reale. In questo caso Morrison, famoso e a volte geniale autore scozzese, non contribuisce a render lineare la saga, anzi ci mette del suo per complicarla ancora un poco a discapito della leggibilità e della comprensione. Intesa come conclusione di un processo cominciato nel 1985, con Crisi delle Terre Infinite, per semplificare cinquant'anni di DC Comics, questo crossover riesce a infilare un obiettivo diametralmente opposto all'originale.
Non tutto quanto pubblicato quest'anno dalle majors però si è rivelato fallimentare perché, sotto l'ombra fertile di eventi più rilevanti dal punto di vista del marketing, si sono sviluppati piccoli capolavori come Superman: Red Son di Mark Millar o Blue Beetle di Keith Giffen, ottimi esempi di come il fumetto supereroistico riesca a sposarsi in modo convincente con tematiche ed ambientazioni care al mondo fantascientifico. Secret Invasion è poi servito per introdurre la gestione targata Matt Fraction e Salvador Larroca di Iron Man, che in madrepatria si è subito aggiudicata un Eisner. Transumanesimo, cibernetica, terrorismo tecnologico e singolarità sono alcuni degli elementi che escono da una testata adulta, piena di sfaccettature e scritta con un'eleganza mai dimostrata fino ad ora dall'autore. Agenti dell'Atlas, sempre rimanendo in ambito Marvel, è un fumetto invece tinto dalle atmosfere spionistiche e tecnologiche degli anni sessanta e settanta che Jeff Parker, l'autore, riesce a riportare perfettamente in chiave smaliziata e moderna. Una fantascienza d'avventura magari non roboante, ma che può divertire in modo arguto.
Finita la carrellata sulle grandi tirature, prendiamo in esame alcuni esempi di come anche il fumetto un pò più di nicchia sa offrire spunti interessanti. Atomic Robo di Brian Clevinger è in effetti un piccolo capolavoro offerto dall'editrice ReNoir che può diventare l'ottimo capofila di produzioni come Tracce di Rosso, lo steampunk agghiacciante di Ian Edginton, o Terminal City, la grande città postmoderna creata da Dean Motter. Da non dimenticare Pluto, manga nato dalle idee di Osamu Tezuka, uno dei padri del fumetto giapponese, destinato a ripercorrere in modo più adulto e disincantato le atmosfere del più famoso Astro Boy.
Il panorama italiano rimane nei suoi titoli principali sempre legato a classici come Nathan Never che l'editore Bonelli da qualche anno, nonostante apparenti eventi epocali, non riesce né a rinnovare né a rilanciare in modo completo. Novità di quest'autunno, in formato miniserie, è Greystorm: nelle intenzioni un rivoluzionario fumetto di carattere steampunk nato dalla penna neveriana di Antonio Serra e nella realtà ancora molto acerbo e legato agli stereotipi di tanta letteratura bonelliana.
Andiamo ora ad analizzare caso per caso i migliori ed i peggiori dell'anno.
I migliori.
Atomic Robo scritto da Brian Clevinger, un ottimo esempio di fantascienza retrò e atmosfere che non sfigurerebbero nei primi Indiana Jones o in pietre miliari del genere fantastico come Hellboy di Mike Mignola.
Superman: Red Son dalla penna di Mark Millar, un piccolo capolavoro di ucronia in cui è piacevole immergersi per analizzare le sfumature e le sfaccettature dei cambiamenti che diverse premesse hanno portato all'universo mainstream di casa DC.
Blue Beetle di Keith Giffen, un'opera scanzonata che comincia con il sapore del fantasy per poi divertirsi a sovvertire completamente il mondo del lettore lanciandolo fra antiche razze aliene e oscuri piani di conquista.
Pluto di Naoki Urasawa e Osamu Tezuka, la rivisitazione in chiave moderna di uno dei miti del fumetto e dell'animazione giapponese: Astro Boy.
Wasteland di Antony Johnston, un incubo post-apocalittico che mischia atmosfere alla Mad Max con tratti molto vicini ad alcune produzioni di Stephen King. Storia che parte lentamente, ma con in serbo alcuni sviluppi veramente interessanti.
Tracce di Rosso di Ian Edginton, un'opera agghiacciante in piena ucronia steampunk. Cinica, a tratti crudele e graffiante riesce a scuotere profondamente il lettore.
Cronache dell'antichità galattica: l'ira degli dei di Valérie Mangin è una classica space opera di scuola francese, con una struttura di ampio respiro e uno stile molto più smaliziato rispetto al primo volume.
Iron Man di Matt Fraction si rivela l'esempio di come si possa creare qualcosa di intelligente, innovativo e soprattutto con solide basi nella fantascienza moderna anche nell'ambito dei fumetti mainstream.
Agenti dell'atlas di Jeff Parker è invece un'elegante creazione che porta con sé il gusto di un periodo storico appena trascorso riletto in una smaliziata chiave contemporanea.
Terminal City di Dean Motter è un arabesco di creatività che ruota attorno alla più strana, enigmatica e fantascientifica città sulla faccia della Terra, un coacervo di personaggi pazzeschi e situazioni ai confini della realtà che non mancano di divertire e commuovere.
I peggiori.
X-Men: ragazze in fuga di Milo Manara, l'esempio lampante che non sempre un mostro sacro del fumetto si trova a suo agio in un ambito diverso dal suo.
Greystorm di Antonio Serra, anticipato come esempio di steampunk plausibile, senza voli pindarici dell'immaginazione e con una trama legata all'atmosfera dell'epoca. Alla prima pagina ti lascia di sasso con un antico sciamano sepolto nei ghiacci che parla telepaticamente col protagonista.
Secret Invasion di Brian Michael Bendis è un esempio di come anche idee perlomeno accettabili e di pura origine fantascientifica nella Marvel si concludono immancabilmente a pugni. Banale e non differente da tutti gli altri crossover estivi.
Casanova Quinn di Matt Fraction dimostra invece come un autore, in base al soggetto che scrive, possa riuscire più o meno bene a rendere una storia. Viaggio psichedelico fra satiriche realtà alternative, si rivela un pastiche di luoghi comuni sulla storia del fumetto Marvel.
Trinity di Kurt Busiek è la prova lampante che mettere assieme tre icone del fumetto e spararle nel multiverso non sempre costituisce un buon fondamento per una storia. Noioso e narrativamente piatto.
Timestorm 2009-2099 di Brian Reed costituisce un caso a sé. Nei lontani anni novanta Peter David e Warren Ellis crearono un meraviglioso e fantascientifico futuro per l'universo Marvel, che rimase scolpito a fuoco nell'immaginario di tutti gli appassionati: oggi Reed è riuscito a spegnere quel fuoco con un solo fumetto.
Green Lantern di Geoff Johns, rivela una sceneggiatura ai minimi termini e una mancanza di idee che da anni non si vedevano sulla testata, da sempre un classico della space opera DC Comics.
Ultimatum di Jeph Loeb, nelle intenzioni un fumetto rivoluzionario e che avrebbe dovuto reinventare il nuovo e dinamico universo Ultimate della Marvel, si rivela in pratica una brutta copia delle più becere storie supereroistiche steroidee dei due decenni passati.
Incredibile Hulk di Jeph Loeb, disegnato splendidamente, riesce a trascinarsi per numeri e numeri senza dire nulla. È inutile gridare alla sottile parodia se le tue storie continuano per un anno solo a sberle.
Dreamwar di Keith Giffen, non se ne può più di universi che collidono solo per permettere ai più potenti esponenti dell'uno e dell'altro di affrontarsi impunemente. Ci avevano provato con scarsissimo successo Marvel e DC Comics, perché accanirsi a distanza di dieci anni?
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