Di schermi d’energia, scudi deflettori e bolle protettive avevamo letto solo sui romanzi di fantascienza. Da oggi forse si aprirà un nuovo capitolo nel campo dell’astronautica. Il maggiore ostacolo a missioni umane su Marte è stato considerato sempre il rischio per gli astronauti di incappare in fatali tempeste solari durante il loro lungo viaggio e la permanenza sul pianeta. Alcuni ricercatori sono riusciti a prospettare un’ingegnosa soluzione: una magnetosfera portatile, come riferisce un articolo pubblicato dall'Institute of Physics, ente benefico americano.

Grandi quantitativi di particelle energetiche, derivanti dal vento solare, vengono proiettate a intermittenza nello spazio sotto forma di vere e proprie tempeste. La vita sulla Terra è protetta dalla presenza del forte campo magnetico del pianeta, che devia e blocca, come uno scudo a deflettori, questi flussi. Gli astronauti delle missioni Apollo, che hanno passeggiato sulla Luna, sono i soli esseri umani che abbiano viaggiato completamente al di là dello scudo protettivo offerto dalla magnetosfera terrestre, rimanendovi peraltro per un periodo sufficientemente breve (una media di otto giorni) da rendere improbabile l’imbattersi in una di queste tempeste solari. Una missione su Marte richiederebbe però circa diciotto mesi di viaggio, per cui le probabilità sarebbero più alte.

Un gruppo di ricercatori del Rutherford Appleton Laboratory, delle Università di York, Strathclyde e IST di Lisbona ha sviluppato una serie di modelli per far vedere che è possibile proteggere gli astronauti, all'interno di una navicella spaziale, fornendola di una "magnetosfera tascabile" sufficiente a deviare le particelle ionizzate fortemente energetiche, e pericolose, dei venti solari.

Una serie di simulazioni al computer con modelli, in cui sono stati applicati i progressi sulla fusione nucleare degli ultimi cinquant'anni, ha permesso di dimostrare che per proteggere una piccola astronave sarebbe sufficiente una bolla di poche centinaia di metri di diametro. L'idea di fornire di una propria magnetosfera le navicelle spaziali risale addirittura agli anni Sessanta, ma non è mai stata considerata fattibile perché si riteneva necessaria una "bolla magnetica" di almeno cento chilometri di diametro.