Nel 1977 esce, nei cinema di tutto il mondo, il film Guerre Stellari (Star Wars, ora meglio noto come Episodio IV - Una nuova speranza) di George Lucas, destinato a divenire il capostipite di una grande saga fantascientifica tuttora in prosecuzione (basti vedere la continua produzione di videogiochi, serie animate, romanzi e ogni altro genere di prodotto derivativo che contribuisce a espandere l’universo narrativo creato dal cineasta), ad avere un enorme successo in tutto il mondo e ad influenzare fortemente il cinema fantascientifico (ma anche il cinema americano tout court, basti pensare alla sempre più massiccia presenza, negli anni successivi, di pellicole sempre più costose in cui si ricorre ai progressi fatti nel campo degli effetti speciali, sonori e visivi dall’Industrial Light & Magic, azienda fondata proprio da Lucas), ma anche la produzione animata e fumettistica internazionale, in particolare in Giappone. In queso paese, infatti, la pellicola di Lucas viene accolta con grande entusiasmo finendo per esercitare un’influenza immediata sulle opere animate nipponiche, creando così un reciproco scambio culturale tra USA e Giappone, poiché in precedenza Lucas aveva ampiamente attinto anche a opere e cultura del paese del Sol Levante per creare Guerre Stellari.
Per l’ideazione della sua saga cinematografica, infatti, Lucas si è basato su molteplici fonti, mescolando cultura fumettistica (Flash Gordon, Buck Rogers), fiabesca (la principessa da salvare in Guerre Stellari), cinematografica (i vecchi serial americani degli anni Trenta con protagonisti i già citati Flash Gordon e Buck Rogers, il cinema western), letteraria (il romanzo
La Guerra dei Mondi di H. G. Wells per la creazione dei “Quatropodi Imperiali”, presenti nella parte iniziale de L’Impero colpisce ancora, sequel del 1980 del primo film di Lucas) psicologica (conflitto edipico tra padre e figlio) e religiosa (la Forza dei cavalieri Jedi). Come scritto in precedenza, non mancano nemmeno numerosi riferimenti alla cultura nipponica.
Nel corso di Guerre Stellari, infatti, è riscontrabile un’evidente influenza del film La fortezza nascosta (1958) di Akira Kurosawa, ad esempio nella sequenza del “dialogo” tra i due droidi (C1-P8 e D-3BO, chiamati R2-D2 e C3-PO nell’edizione originale) che camminano soli sul pianeta desertico Tatooine, bisticciando e finendo col separarsi, per poi tornare a ricongiungersi dopo una serie di eventi e rinsaldare la loro amicizia. Una sequenza analoga è presente all’inizio del film di Kurosawa, dove due ladruncoli camminano in una valle desolata, finendo poi col litigare e dividersi, per poi riunirsi successivamente tornando ad essere amici. Altre analogie tra il film di Lucas e quello di Kurosawa sono presenti nella sequenza del primo incontro con Obi-Wan Kenobi (in apparenza un vecchio eremita, mentre in realtà è un anziano e valoroso cavaliere Jedi), che ricorda - per ambientazione e tecnica narrativa - l’incontro dei due ladri col guerriero misterioso interpretato da Toshiro Mifune (anche in questo caso il personaggio di Mifune sembra essere solo un burbero montanaro, ma in realtà è un coraggioso samurai che deve proteggere una principessa da un malvagio esercito).
Per il corretto comportamento che i cavalieri Jedi devono mantenere e rispettare nel vivere e nel combattere per proteggere l’umanità (pena il cedimento al Lato Oscuro della Forza), Lucas ha confessato di essersi ispirato al rigoroso codice d’onore dei samurai, in particolare alla caratterizzazione che ne dà il film I sette samurai (1954) di Kurosawa, dove alcuni samurai accettano il rischioso compito di proteggere un villaggio di poveri contadini da dei feroci briganti. Anche se i contadini (a parte la gratitudine) non hanno molto da offrire in pagamento, i samurai decidono lo stesso di compiere questa onorevole missione, consapevoli della sofferenza provata dai contadini.
Per la creazione del termine “Jedi” (pronunciato “giedai” in inglese), inoltre, Lucas si ispira alla parola giapponese “jidai-geki” che solitamente è utilizzata per indicare i film in costume coi samurai, come le già citate due opere di Kurosawa.
Un ulteriore riferimento alla cultura nipponica è rappresentato dal volto di Dart Fener (Darth Vader in originale), ispirato agli elmi degli antichi samurai, che a volte ricoprivano l'intero volto di chi li indossava. Il termine nipponico che indica gli elmi dei samurai è “kabuto”, cioè il cognome del giovane protagonista (Koji Kabuto) di Mazinga Z, attribuitogli dal suo creatore Go Nagai per rendere evidente come il ragazzo rappresentasse la “testa” (cioè la mente) del robot gigante che deve pilotare.
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