Con il doppio episodio di The End of Time si chiude un ciclo importantissimo della storia del Doctor Who, con l’addio al decimo dottore David Tennant, uno dei più amati di sempre, almeno a giudicare dai sondaggi. Tennant infatti, nel corso degli ultimi quattro anni, era riuscito ad interpretare al meglio l’essenza del personaggio, e la sua dipartita è un peso che ci siamo trascinati per tutti gli speciali di questo 2009. Ci sono due modi per guardare questa doppia puntata: gli occhi del fan e quelli del telespettatore occasionale. Per il primo si tratta di un’esperienza intensissima ed epica, la perfetta chiusura di un cerchio a cui partecipano tutti coloro che hanno contribuito alla rinascita del Doctor Who in questi ultimi anni. Per il secondo si tratta probabilmente di un finale molto autoreferenziale e particolarmente costellato da incongruenze.
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La storia narra appunto dell’ultimo viaggio della decima reincarnazione del dottore, evento che era stato ampiamente preannunciata da tempo attraverso una profezia degli Ood. Ad accompagnarlo c’è un po’ tutta la sua storia, a partire dalla sua nemesi, il Master, interpretato da uno straordinario John Simm (Life on Mars, 24-hour Party People) che per l’occasione si esibisce in una performance a dir poco memorabile, di quelle che da sole valgono il prezzo del biglietto. Raramente infatti mi è capitato di vedere un attore in grado di cogliere la vera essenza della follia, del disagio e del tormento come in questa occasione. Il paragone che salta subito alla mente è quello con il Jocker di Heath Ledger, ma se possibile il personaggio interpretato da John Simm è ancora più istrionico, ed è in grado di trasmettere una venatura umoristica e grottesca che non sottrae spessore al personaggio, ma anzi ne alimenta la profondità. Assurda, grottesca, esilarante, in perfetto stile Monty Python è la scena madre dei miliardi di Master che popolano improvvisamente l’intero pianeta in un’apoteosi di quella che è l’essenza dello humour britannico.
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Doctor Who is dead, long live Doctor Who.
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