Marler sbuffò, infastidito. L’ultima cosa che aveva voglia di fare era restarsene ad ascoltare un sermone di quel tizio. – Senta, tagliamo corto. Cosa vuole da me?Li-Ang non parve per nulla offeso dalla risolutezza del suo interlocutore.
– Vorremmo che la sua commissione scientifica dichiarasse che il satellite è integro, quando verrà riportato sulla Terra – rispose. – Se si scoprisse che c’è stato un guasto a causa dell’accoppiamento con il campo magnetico terrestre, la verità potrebbe venire a galla e qualcuno potrebbe risalire a noi.
Questa volta fu il professore a sorridere.
– E chi le dice che io abbia intenzione di aiutarla? – domandò.
Il cinese rimase imperturbabile, dando l’impressione di non credere minimamente alla possibilità prospettata dall’altro.
– Lei non è uno stupido – disse, – sa benissimo che se saltasse fuori la verità anche lei verrebbe ritenuto responsabile dell’accaduto, visto che i tecnici della NASA sotto la sua supervisione hanno giudicato il satellite innocuo e conforme alle regole.
– Potrei accettare di correre il rischio.
– Non lo farà – ribatté Li-Ang, lapidario. – Per quanto possa biasimare me e i miei compagni, non provocherebbe mai un’insurrezione di tutto il mondo islamico solo per punirci.
Marler tacque. Era vero, se lui non avesse accettato la richiesta di Li-Ang, ogni comunità islamica si sarebbe ritorta contro coloro avevano sterminato migliaia di fedeli osservanti della parola del Profeta. Ora magari stavano pensando allo tsunami come a un’atroce punizione di Allah, ma se avessero saputo come stavano veramente le cose avrebbero fatto qualsiasi cosa per ripagare la Cina con la stessa moneta, e non avrebbero risparmiato nemmeno l’Occidente che con la sua negligenza si era reso complice della catastrofe. In definitiva, che Chang Li-Ang la passasse liscia era il minore dei mali.
– Ha ragione – convenne Marler, riluttante. – Mio malgrado, farò come dice.
Il cinese ripropose il suo sorriso compiaciuto. – La ringrazio.
– Non deve – disse il professore. – Bene, se questo è tutto, con il suo permesso io me ne andrò. Addio.
Per una volta si concesse di trascurare le buone maniere e si girò prima che l’altro rispondesse.
Arrivò all’auto, aprì la portiera e salì, con la certezza di avere gli occhi appagati del cinese ancora puntati su di lui.
Aveva soltanto voglia di andarsene il più in fretta possibile. Ne aveva abbastanza di Li-Ang e della sua lezione su argomenti che Marler conosceva benissimo, fin da quando aveva visto il satellite per la prima volta.
Era stato allora che aveva intuito come funzionava quella macchina e che aveva deciso come sarebbero andate le cose. A volte occorre scegliere la parte da cui stare e Marler l’aveva fatto, ma nessuno lo avrebbe mai saputo. Nemmeno Li-Ang. Mise in moto, partì e sparì nell’oscurità della notte.
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