A parte il paziente di Aykroyd, è difficile trovare qualcuno che si ecciti per la scienza. Gli stessi Futuristi, che cantavano la bellezza dell'aeroplano e della mitragliatrice, sono casi ormai vecchi di un secolo. Di solito la scienza è esattamente al polo opposto di quello dell'emozione e l'acuto romanziere ne sfrutta la terminologia per dare un senso di disumanità e alienazione: lo sapeva bene Ballard, che usava parole e frasi tipiche della scienza per colpire i lettori (sull'isolotto dei test atomici si scorgono “gli strati pseudogeologici delle ere termonucleari, microsecondi di durata”, Terminal Beach). (E viceversa, come quando caratterizza come impudico lo spettacolo di un'auto ribaltata e con le gomme in aria.)Dunque, la scienza non suscita emozioni e per renderla attraente gli astuti divulgatori scientifici televisivi la devono colorare di mistero, farne una specie di giallo: “Cosa troveremo in questa tomba egizia che da cinquemila anni non è mai più stata vista dall'occhio umano? Un altro tesoro di Tutankamen? Monili?... oppure, come le tante volte che gli archeologi sono rimasti delusi, gli antichi ladri di tombe sono già passati di qui?”. Buona la seconda, naturalmente, e Giacobbo sa benissimo che non vi troverà nulla, ma anche lui “ha da campa'”. Perché allora la finta-scienza di van Vogt affascina? Va detto che destare la meraviglia dei lettori grazie ai prodigi della scienza è un'arte vecchia. Verne la otteneva con la nave volante di Robur il Conquistatore e il Nautilus del capitano Nemo o il proiettile lunare, Griffith con la sua nave volante capace di abbattere qualsiasi flotta tardo-ottocentesca e Tom Swift con le sue invenzioni elettriche. Tutte storie basate su piccoli sviluppi delle scienze allora esistenti. Il primo a uscire dal canone dei piccoli passi in avanti fu E.E. Smith, che - con in mente la scoperta del radium, da cui era nata un'intera scienza, in precedenza ignota - immagina la scoperta di un nuovo elemento capace di muovere persino un'astronave, e i suoi personaggi se ne servono per esplorare l'universo. Rileggendo oggi queste storie, e soprattutto quelle del principale discepolo di Smith, J.W. Campbell, si notano soprattutto l'ottimismo, il piacere di immaginare. Diversamente da noi, che da vari decenni non vediamo sostanziali scoperte nel campo della fisica dopo quella dei quark, Campbell chiaramente credeva nella continua crescita della fisica e questa sua convinzione è contagiosa. L'idea di nuove scienze ancora ignote, come lo era la radioattività prima della scoperta del radium, o come i nuovi ampliamenti dell'elettromagnetismo di cui parlavano Smith e i suoi allievi, fino a Sesta colonna di Heinlein e Gli Umanoidi di Williamson, è pur sempre un semplice ampliamento della scienza esistente, mentre le scienze vanvogtiane non hanno niente a che spartire con la conoscenza ufficiale, neppure il connettivismo, che anche se prende le mosse dalla Semantica Generale di Korzybski, si assegna poi lo scopo di giungere a una conoscenza interdisciplinare totale (cosa di cui, a dire il vero, non si sente la necessità e che van Vogt non giustifica in modo convincente). L'energia atomica di van Vogt in Isher non è quella delle pile atomiche allora esistenti, l'energia tempo è un bel nome e nulla di più. Eppure sono immagini fortemente evocative. Per esempio, si veda il principio della similarizzazione, esposto nel Non-A: “Se due oggetti sono resi simili fino alla ventesima cifra decimale, non c'è più alcuna ragione perché siano due e non uno, e allora uno si sposta istantaneamente a occupare il posto dell'altro”. Affascinante, ma cosa vuol dire “rendere simili”, ovvero “simìlarizzare”? Nel romanzo, poi, una cosa “similarizzata” a un'altra continua a essere se stessa. Altro esempio è il principio su cui Hedrock si basa per tutte le sue invenzioni, “se una corrente viene interrotta a una velocità superiore a quella della luce, continua a fluire anche se le due sezioni di circuito tra cui si è verificata l'interruzione sono lontane tra loro”. Anche questo è un concetto affascinante, ma cosa vuol dire? Non sono ipotesi di nuove direzioni in cui può evolversi la fisica, né “estrapolazioni” come si diceva una volta o “profezie”, come si diceva ancor prima.
La vera e la fanta scienza
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Rubrica Futuro di Ieri
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