Fin dall’inizio, Blomkamp voleva che District 9 sfidasse le convenzioni e superasse i confini tra stili cinematografici. “Sostanzialmente, il film passa dalla nostra storia, che ovviamente è una finzione, a uno stile ultrarealistico”, spiega Blomkamp. Scene drammatiche, materiale che sembra vero, notiziari televisivi reali concessi dalla South African Broadcasting Corporation, tutto “fa parte della stessa storia”, prosegue il regista. “La pellicola a tratti sembra proprio un film, ma in altri momenti appare assolutamente reale”.
“District 9 è ambientato in un mondo alternativo”, dichiara Jackson. “Vent’anni fa, oltre un milione di rifugiati alieni è arrivato sulla Terra in una navicella spaziale a pezzi. Loro sono benevoli e soprattutto non ricevono nessun aiuto. Non riescono neanche a nutrirsi e non hanno voglia di fare nulla. Sono arrivati, tra tutti i posti possibili, a Johannesburg, e il governo non sa cosa fare con loro, quindi gli alieni finiscono in una comunità molto simile a Soweto. E per oltre 20 anni, gli umani hanno cercato di risolvere il problema alieno”.
Blomkamp sostiene che la pellicola evochi il flusso di notizie in onda 24 ore su 24 che i canali via cavo, internet e le altre fonti di informazioni ci offrono ogni giorno. “Un tempo, c’era soltanto la storia offerta da un quotidiano. Ora, le immagini sono sempre presenti e noi ci siamo abituati”, rivela Blomkamp. Inoltre, il regista sostiene che l’avvento dei reality abbia ulteriormente confuso la divisione tra realtà e intrattenimento.
La nascita di District 9 dipende da un corto mockumentary a basso budget chiamato Alive in Jo’burg che Blomkamp ha girato in una baraccopoli di Johannesburg alcuni anni fa. Nel corto, il regista presentava degli alieni di un’altra galassia che facevano parte del mix culturale di Johannesburg, una delle città africane più dinamiche.
Per quel prodotto, Blomkamp ha percorso le strade con una troupe, cercando di cogliere le reazioni della gente normale. In breve tempo, il regista ha scoperto che l’idea dei rifugiati intergalattici che arrivano alle porte della città riecheggiava il conflitto reale e la xenofobia diffusa tra gli abitanti di Johannesburg verso il flusso di immigrati illegali dalle nazioni confinanti. Le reazioni oneste che ha filmato hanno fornito una grande vitalità al cortometraggio, rendendo incerta la separazione tra finzione e realtà. Parlando del corto, Blomkamp ha detto “non era mia intenzione ingannare le persone che stavamo intervistando. Io cercavo soltanto di ottenere le risposte più reali e genuine possibili. In sostanza, non c’è una grande differenza, se non per il fatto che nel mio film abbiamo degli alieni intergalattici opposti a degli immigrati illegali”.
Visto che District 9 è ambientato in Sudafrica, alcuni potrebbero pensare che il film sia una metafora dei tanti problemi che la nazione ha affrontato nel corso degli anni. I realizzatori sostengono che, nonostante sia impossibile separare la pellicola dalla sua ambientazione, non esiste una vera e propria metafora, almeno nelle intenzioni. “In Sudafrica, abbiamo dovuto affrontare dei problemi che generalmente nel mondo vengono nascosti sotto al tappeto”, sostiene Sharlto Copley, che interpreta il personaggio principale, Wikus.
Lavorando con alcuni ingredienti tematici e visivi presenti nel cortometraggio come base, Blomkamp e la sua socia-sceneggiatrice Terri Tatchell hanno ampliato il personaggio di Wikus, mentre hanno creato due personaggi alieni fondamentali, Christopher Johnson e suo figlio Little C.J. Gli sceneggiatori hanno infatti fornito agli alieni dei nomi umani, immaginando che i terrestri, accettando gli alieni sul nostro pianeta, si sarebbero comportati in questo modo. Per gli sceneggiatori, era importante che tutti i personaggi, in particolare gli alieni, fossero credibili e facilmente riconoscibili, insomma umani. Ispirandosi a persone che conoscevano, gli sceneggiatori hanno creato un insieme di protagonisti che sono un mix di persone differenti.
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