Dimitri, prima di entrare nella sua tenda, si soffermò a guardare il cielo stellato. Era spettacolare. Affascinante come quello terrestre ma diverso. Le stelle erano in tutt’altra posizione. Le due lune si stagliavano luminose. Era raro vederle entrambe nella loro fase massima, gli confidò la guida. Su Artemide non era considerato un buon presagio.
Henry aveva riposato, seguendo il consiglio del bambino. Lalande era tramontato e dalla finestra poteva rimirare uno splendido cielo stellato. Due lune piene illuminavano vividamente la notte, ma non interferivano con la purezza del paesaggio celeste. Il silenzio era totale. Si sentì riappacificato con la vita. In piena armonia con gli elementi circostanti.
Tornò a sdraiarsi. Ora non aveva più sonno. Rimase per circa un paio d’ore così, pensoso. Poi finalmente si addormentò pesantemente.
Non sapeva da quanto l’entità era lì fuori, ma il suo richiamo, per quanto atteso, lo svegliò e turbò.
Sfilò rapidamente lo stivale protettivo dalla gamba sinistra, infilando la mano al di sotto della tuta fino a raggiungere l’arto meccanico cavo. All’interno c’era la sua fida lama. La estrasse e si rivestì con estrema cura.
Sentì una voce femminile, la richiesta era disperata.
– Aiutami, Henry! Sono in pericolo. Solo tu puoi salvarmi. Se non mi aiuti per me è la fine!
Riconobbe la voce di Nina. Non poteva lasciarla lì fuori, a costo della vita. Qualche istante dopo era accanto all’uscio. Lei aveva bisogno di lui. Stava per spalancare l’accesso proibito quando notò una strana fosforescenza filtrare sotto i suoi piedi. Lo spaventò e allo stesso tempo si riscosse. A malincuore, perché salvare la donna gli premeva moltissimo, si tirò indietro.
Non riuscì a prender fiato.
– Henry! – Lo apostrofò un uomo – Ti ricordi ancora di me? Sono morto a causa tua…
Era il suo compagno Franck, scomparso anni prima durante una traversata spaziale.
– Dovevi essere tu su quel volo, rammenti? – Continuò l’amico.
Era il suo socio, partito al posto suo con la sua ragazza per una meta turistica nel lontano pianeta ZeusII. Gli aveva ceduto i biglietti perché impossibilitato ad allontanarsi dalla Terra. La nave aveva avuto un guasto tecnico ed era esplosa poco dopo il decollo. Pur non avendo colpe si era sentito sempre responsabile per quanto accaduto. Erano morti al posto suo.
Un dolore forte lo prese al cuore. Risentire la sua voce dopo tanto tempo, riprovare l’amarezza dovuta all’impotenza di non poter cambiare la realtà. Quanto avrebbe voluto tornare indietro nel tempo e non aver mai ceduto quei biglietti. Averli buttati nella spazzatura.
– Vieni a pagare il tuo debito Henry. È giunto il tuo turno: riunirti a noi!
L’uomo si accasciò al suolo, con le spalle all’uscio, il cuore in tumulto. Pianse, come non faceva ormai da lungo tempo, come non aveva fatto neanche ai loro funerali ai quali aveva partecipato a testa bassa, nell’ombra, timoroso di una qualsiasi reazione da parte di quei familiari che lo ritenevano colpevole se non altro per non essere deceduto al posto loro.
Decise di evitare ulteriori tentazioni chiudendo definitivamente l’auricolare del casco.
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