- Lo so -, rispose Aymer alzandosi. Piet gli voltò le spalle.Rimase fermo a lungo, a guardare fuori dall'oblò. Il generale Piet aveva la fama di essere un uomo duro, un nemico spietato ed un severo difensore della democrazia majet a cui aveva dedicato il servizio di una vita. Ma ora era pieno di disgusto e di stupore. Conosceva la sua gente, la amava e la stimava: aveva sempre avuto fiducia nei majet, i majet lavoratori instancabili, i majet uomini giusti e onesti, i majet che non erano privi nemmeno nei momenti più duri di gentilezza e di amaro umorismo. Erano sempre apparsi ai suoi occhi saggi e innocenti, avevano costruito uno Stato con la loro sofferenza e l'avevano pagato col loro sangue. Piet sapeva che cosa li aveva potuti trasformare nei feroci carnefici che aveva visto uccidere ragazzi e vecchi a bordo della Timo: anche lui aveva vissuto quegli anni di guerra costante, subdola e feroce. Ma il cambiamento minava la sua fede e il suo amore per il suo popolo e Piet sentiva la Terra mancargli sotto i piedi. Non poteva pretendere che la pazienza dei majet fosse infinita, ma era facile dimenticare i precedenti davanti ai cadaveri dagli occhi sbarrati. Tanti anni prima, Piet aveva avuto degli amici kaina e non riusciva a condividere il semplice odio dei suoi soldati. Aveva sempre pensato che questo tornasse a suo onore, ma ora non sapeva più cosa pensare: né dei kaina, nè dei suoi soldati, né di sé.
2
Auvin Kemiat prese posto per ultimo attorno al tavolo di legno dorrha nella Biblioteca dell'Università di Lauranti. Si era attardato attraversando le ampie, silenziose stanze comuni, cullandosi nei suoi ricordi. Tuttavia, in questi le sale erano diverse, piene di luce dorata, su un altro mondo, e in tempi molto diversi. Non ci volle molto perché Kemiat fosse ripreso dal suo umore malinconico e si ricordasse che Lauranti era un luogo d'esilio; e male aveva fatto a dimenticarsene.
Gli altri kaina erano tutti molto invecchiati da quando, molto tempo prima, lui li aveva visti per l'ultima volta. Non si salutarono, ma Kemiat e i suoi vecchi compagni si guardarono senza più ostilità, e Kemiat esordì con un quieto e semplice:
- Lo hanno ammazzato.
La sua voce era quasi ferma.
- Lo hai visto? - chiese Eile Taunca sporgendosi attraverso il tavolo.
Kemiat esitò a lungo prima di rispondere. Alla fine fece un breve cenno di assenso seguito da un: - Non ne voglio parlare. - Dopo un attimo aggiunse, come per scusarsi: - Io e Aymer eravamo amici.
Hai Lonan scosse la testa. Era vecchio, ma non era solo per questo che le mani gli tremavano.
- Quando l'ho visto in televisione, per la prima volta dopo tanti anni ho desiderato uccidere qualche majet. Ce n'erano tanti sulla Timo che avevano fatto più male di lui! Perché farlo vedere in quello stato... tremante di paura... un uomo come Kaurit Aymer...
Kemiat abbassò lo sguardo al piano del tavolo fra le sue mani. Non disse niente, ma ripensò a come aveva visto Aymer nella sua cella prima che venisse giustiziato. Piet, che aveva reso l'incontro possibile, gli aveva scritto di aver conosciuto un uomo freddo e impassibile: Lonan e tutti gli altri avevano visto una vittima spezzata e piangente. Ma quale fosse la verità, né Piet né Lonan né Kemiat la conoscevano. L'uomo che Kemiat aveva visto in quella cella era calmo e padrone di sé, per nulla spaventato e niente affatto umiliato. Aveva abbracciato Kemiat come il vecchio amico che da tanto tempo non era più stato, e Kemiat gli aveva visto in faccia uno sguardo indifferente e vuoto che non si accordava con l'Aymer dei suoi ricordi. E come fosse davvero Aymer sotto le sue molte maschere, nessuno lo sapeva.
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