- Mi dispiace - disse Kemiat. - Forse avrei fatto meglio a non dirtelo. - No - rispose Piet. - È meglio così.Ci fu una pausa. Piet andò su e giù per la cella, e alla fine si fermò e disse: - Non sarai venuto a dirmi “Te l'avevo detto io”, eh, Auvin?Kemiat scosse la testa.- Non sono pentito di niente, sai - disse Piet. - Solo di non avercela fatta a nascondermi più a lungo. Chissà, forse le cose sarebbero cambiate.

- Non sarebbero cambiate - disse Kemiat.

- Non sono cose da dire ad un uomo in punto di morte, queste - mormorò Piet in tono di rimprovero.

- Tu hai sempre preferito la verità, Arun.

Piet annuì.

- La preferisco ancora.

Ci fu un altro silenzio. Piet guardava la finestra dietro di Kemiat. Fuori era ancora notte. Aveva parlato piuttosto distrattamente. Non riusciva a distogliere il pensiero dalla propria fine, e avrebbe tanto voluto che Kemiat parlasse di qualcosa e lo facesse smettere di guardare quella maledetta finestra da cui avrebbe visto l'alba avvicinarsi.

Kemiat sospirò e disse: - Arun, devo dirti una cosa. Non sono venuto qui per consolarti. Sono venuto per confessarmi. Tu sei l'unico a cui... l'unico che mi possa capire. E il mio unico amico, ormai. Ti sembrerà crudele, forse, ma se non te lo dico ora non te lo potrò dire mai più.

Piet lo guardò con interesse. Indietreggiò e si sedette sulla panca.

- Vai avanti. Continua.

Kemiat si passò una mano esitante fra i capelli.

- A vederti... qui, Arun, mi viene in mente quello che mi dicesti una volta di Aymer. Ti ricordi? Un uomo fatto di ferro e di ghiaccio: così dicevi. Di ferro e di ghiaccio. Così è parso anche a me. Eppure doveva essere falso.

Kemiat fece una pausa. Era a disagio, ma si stava infervorando.

- Doveva essere falso perché io conoscevo Kaurit Aymer. Non ci eravamo parlati per vent'anni, ma non poteva essere cambiato così tanto. Era un sentimentale, un cuore sanguinante. Ed era impulsivo... agiva senza pensare. A quel congresso che tu mi hai ricordato l'ultima volta che ci siamo visti, non mi seppe rispondere. Eppure andò avanti lo stesso. Chissà... forse aveva perfino ragione.

- Con il Piano?

- Già, ora tutti ne parlano, eh? E hanno paura di noi. Ma allora non era alla paura che pensavamo. Lo sai, Arun, se tu sei qui, è anche colpa mia. Ma allora noi pensavamo soltanto che facevamo parte di un popolo scacciato e perseguitato e massacrato... tutti noi avevamo gli occhi pieni... oh, tu lo sai di che scene. Alcuni erano pronti a mettere bombe nelle strade affollate di Sollea o nella metropolitana di Hevinna Nord, a noi sembrava di fare cose meno crudeli. Volevamo solo un posto per il nostro popolo dove vivere in pace. Pensavamo: per quanto dolore possa causare, almeno dopo tutto sarà finito e ci potrà essere la pace.

- Ti sento addolorato, Auvin, amico mio - disse Piet con una traccia di sarcasmo nella voce. - Non è andata così, vero? Una patria per i kaina è costata la guerra a tutto il resto della Galassia.