La felice stagione dei Pulp Magazine - le riviste “usa e getta” pubblicate in America tra le due guerre mondiali e così chiamate perché stampate su carta di “polpa di legno”, cioè di legno macinato, anziché sulla tradizionale “carta di stracci” – ha generato molte opere considerate oggi alla stregua di veri e propri capolavori e fatto emergere autori accreditati in qualità di maestri della Letteratura. È il caso, ad esempio, di Dashiell Hammett che proprio su quelle riviste – dedicate a quasi tutti i generi narrativi popolari, dal western all’horror, dalla fantascienza all’avventura, fino al giallo – ha esordito con i suoi primi racconti che hanno dato vita alla cosiddetta “scuola dei duri” (hard-boiled) che rivoluzionò il giallo classico all’inglese.

Ma è anche il caso di un Maestro della Letteratura dell’Immaginario come Howard Philip Lovecraft, la cui narrativa è apparsa quasi interamente su Weird Tales, un pulp magazine, per l’appunto, dedicato alla letteratura horror, fantastica e del soprannaturale.

Fa eccezione il romanzo Le montagne della follia (At the Mountains of Madness, 1931) - ripubblicato recentemente dalla Newton & Compton nella collana Tascabili Deluxe, con una prefazione di Carlo Lucarelli – apparso sul pulp di fantascienza Astounding Stories. Insieme ai racconti Il colore venuto dallo spazio (The Color Out of Space, 1927) e Colui che sussurrava nelle tenebre (The Whisperer in Darkness, 1930), e al romanzo breve L’ombra calata dal tempo (The Shadow Out of Time, 1935), questo capolavoro dello scrittore americano può essere considerato senza dubbio un romanzo di fantascienza, anche se si tratta di una science fiction filtrata dalla sua particolare sensibilità.

Eppure Lovecraft aveva manifestato più volte la sua avversione per questo specifico genere della narrativa di massa.

In una nota biografica del 1933, ad esempio, Lovecraft scriveva: “Temo che non potrei mai riscuotere un grande successo nel genere tipico della narrativa di fantascienza” (Howard Philips Lovecraft, A proposito di una nullità in L’orrore soprannaturale in letteratura, Edizioni Theoria, Roma-Napoli 1989).

Un timore, ma anche una certa repulsione, che lo scrittore di Providence avvertiva in relazione al tipo di science fiction che si pubblicava in quegli anni: la space opera. Contro di essa si scagliò violentemente, appena un anno dopo, in un breve saggio dal titolo Some Notes on Interplanetary Fiction (in Marginalia, a cura di August Derleth e Donald Wandrei, Arkham House, Sauk City 1944).

L’accusa era l’alto tasso di infantilismo e la banalità nella costruzione delle trame. Eppure, nonostante questa presa di posizione abbastanza netta, non si può non riconoscere in alcune delle più significative opere di Lovecraft il germe della fantascienza che, non bisogna dimenticarlo, era ancora un genere in formazione, nato ufficialmente nel 1926 con l’apparizione della rivista Amazing Stories, quest'ultima creata da un editore di riviste elettroniche di nome Hugo Gernsback.

Eppure è noto che Lovecraft ha creato un pantheon di creature aliene, presenti nelle storie raccolte sotto il celeberrimo nome di Miti di Cthulhu.

Lovecraft crea e popola il cosmo di esseri che vanno al di là della comprensione umana e che sono vissuti sulla Terra in ere precedenti l'avvento dell'umanità, ma la cui presenza è ancora testimoniata da alcuni remoti luoghi del nostro pianeta o in documenti scritti, come il Necronomicon - un libro immaginario e maledetto - scritto dall'arabo pazzo Abdul Alhazred, grazie al quale è possibile evocare tali ancestrali creature.