Nel 1998 l’avventura cinematografica di Star Trek subì un duro colpo, che prendeva il nome di Star Trek: L’Insurrezione. Su questo nono film, affidato nuovamente alla regia di Jonathan Freakes e che vedeva entrare nel team di sceneggiatori il nuovo acquisto Michael Piller (creatore insieme a Berman delle nuove serie televisive Deep Space Nine e Voyager), le aspettative dei produttori erano alte e lo testimoniava sia il budget messo a disposizione – il più alto fino ad allora per un film della saga – sia il grande investimento pubblicitario, per un totale di quasi 75 milioni di dollari. Il risultato fu deludente: negli Stati Uniti si riuscì a malapena a rientrare con gli incassi e nel resto del mondo l’accoglienza fu freddissima; si era lontani anni-luce dai fasti di Primo contatto. La responsabilità andava a una sceneggiatura scarsamente ispirata, realizzata in fretta per cercare di battere il ferro ancora caldo grazie al successo del precedente episodio. Ma, a differenza di quello, L’Insurrezione non metteva in campo ‘villain’ di spessore né trame coinvolgenti. I Son’a, la razza con la quale la Federazione stringe un patto scellerato per conquistare il pianeta Ba’ku deportandone la popolazione e strappando loro il segreto dell’eterna giovinezza, non avevano l’appeal dei Borg, del Dominio, dei Romulani o dei Klingon. E le disquisizioni sociali e politiche, specie sui diritti umani, convinsero gli spettatori che il film altro non fosse che una puntata allungata della serie televisiva. La Paramount incassò il colpo e congelò per un po’ la produzione di un nuovo film. Nel 2002 usciva così Nemesis, il decimo episodio della serie cinematografica, con l’eloquente sottotitolo “il viaggio finale di una generazione”. La produzione aveva deciso di chiudere l’epopea dell’equipaggio dell’Enterprise del capitano Picard così come a suo tempo era calato il sipario su quello del capitano Kirk. La Next Generation del resto aveva chiuso la sua avventura sul piccolo schermo nell’ormai lontano 1994 e dopo otto anni gli appassionati chiedevano qualcosa di diverso. Brannon Braga aveva intanto abbandonato il ruolo di produttore lasciando il timone saldamente nelle mani di Berman, il quale decise di affidare a John Logan (che non aveva precedenti esperienze di autore di puntate della serie) il compito di scrivere una sceneggiatura di livello. Alla direzione fu chiamato Stuart Baird. Data – che all’epoca Roddenberry aveva voluto come nuovo Spock – sarebbe stato il personaggio sacrificato nell’ultimo film, lasciando invece aperto il destino del capitano Picard. La grande generosità di budget messo a disposizione lasciava intendere che la Paramount voleva dare a Star Trek una nuova possibilità dopo L’Insurrezione. Ma invece il decimo film si tradusse in un vero disastro: la critica reagì negativamente alle questioni filosofiche del film, imperniate sul tema del ‘doppio’ (Picard e il gemello Shinzon, Data e il gemello Before, Romulani e Remani) e il pubblico non gradì. La scelta della distribuzione di far uscire la pellicola in coincidenza con pesi massimi del calibro del secondo episodio di Harry Potter, del secondo del Signore degli Anelli e del nuovo episodio di 007 si rivelò catastrofica, facendo scivolare Nemesis ben presto in fondo alle classifiche. In Italia il film uscì in sordina cinque mesi dopo, scomparendo ben presto dalle sale.Dopo il flop di Nemesis la Paramount decise di chiudere così l’avventura cinematografica di Star Trek. Mentre, analogamente, chiudeva tra le polemiche l’ultima serie televisiva, Enterprise, e la saga creata da Roddenberry sembrava essere giunta a un misero capolinea, si cominciava a fare avanti un “uomo nuovo” nel panorama della televisione e del cinema: J.J. Abrams. Per Star Trek cominciò a intravedersi un nuovo inizio.
Il viaggio infinito di Kirk & Spock sul grande schermo
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