Questo però non è che il punto di partenza da cui l’autore inglese si incammina per un difficile viaggio fra vari livelli narrativi e di rappresentazione che potrebbero ben figurare tanto in un trattato teologico medioevale quanto sulla scrivania di uno scrittore d’avanguardia. Moore stesso ha dichiarato che ad ogni rilettura di Watchmen lui e Dave Gibbons, il disegnatore, vedevano sempre qualcosa di nuovo emergere dall’opera e che sarebbero servite almeno sei o sette letture per farne risaltare i tratti fondamentali. Naturalmente l’autore non pretende dal suo lettore questo tipo di sforzo perché fortunatamente i piani rappresentativi, benché ben legati l’uno all’altro, non devono obbligatoriamente essere disvelati per rendere godibile il fumetto, nondimeno sono presenti e pronti a “giocare” con l’immaginazione del pubblico più curioso. Proviamo a rivolgere la nostra attenzione alle macrostrutture visibili come I racconti del vascello nero, un fumetto che viene letto da un ragazzino sul retro di un’edicola che racconta una storia orrorifica di pirati, o come gli stralci letterari alla fine di ogni capitolo. Si è parlato a riguardo di metanarrazione postmoderna, si è parlato di un complesso gioco di specchi e queste definizioni, che derivano da articoli critici moderni, possono essere e sono adeguate come del resto si possono applicare a Watchmen innumerevoli altre teorie emerse in più di vent’anni di speculazione sul tema. In effetti, voltando lo sguardo al passato e considerando a fondo la preparazione di Moore, la descrizione più elegante per il legame che coinvolge l’opera principale con le secondarie si potrebbe ricercare fino in quell’interpretazione figurale applicata dal filologo tedesco Erich Auerbach allo studio della concezione antica delle opere a sfondo religioso. Uno dei punti focali della scrittura di Alan Moore è proprio, come abbiamo già detto, la passione per il mondo esoterico dei simboli, basti leggere Promethea onde averne un assaggio concreto, per le idee immanenti che si fondono coi fatti reali, e questo accade anche in Watchmen. Ogni fatto, ogni episodio destinato al naufrago in fuga dal terribile vascello maledetto, nella storia di pirati di cui sopra, è valido sia per se stesso che come figura e simbolo di qualcosa che accadrà durante la narrazione principale, è valido sia come chiave interpretativa che come spunto di lettura degli accadimenti nel mondo “reale” del fumetto vero e proprio. Un gioco di valenze che si ritorcono su loro stesse come l’immagine del nodo di Gordio tanto caro al personaggio di Adrian Veidt, incarnazione nel fumetto dell’idea di Alessandro Magno calata nella nostra epoca, ma fortunatamente, come il nodo di Gordio originale, questo complicatissimo intreccio si presta, grazie alla perizia dell’ideatore, anche ad essere tagliato in un solo gesto per permettere allo spettatore di godere subito del nocciolo principale della vicenda senza perdersi in eccessive speculazioni.
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