Una galleria di personaggi si muove intorno all’impresa del nuovo secolo, fiutata da un rigattiere del vecchio distretto degli artisti di una città dell'Est. La città che ospita Il chiosco non viene mai chiamata per nome, ma dalle allusioni al passato della nazione disgregata e dalla familiarità maturata da Bruce Sterling con la sua esperienza personale non sembra azzardata l'ipotesi che possa trattarsi di Belgrado. La società che fa da sfondo alla vicenda è in frantumi, le cicatrici segnano ancora i corpi e la memoria del suo popolo, ma a ridosso delle Transizioni che hanno posto termine, in rapida sequenza, alle illusioni del comunismo e alle promesse del globalismo, c'è già chi ha fiutato la possibilità di una Transizione Tre. Con l’avvento delle innovative nanotecnologie che permettono di manipolare nanotubi di carbonio all’interno di astrusi fabbricatori, sfornando in questo modo repliche perfette di qualsiasi oggetto solido costituito da un solo materiale, il fiuto per gli affari di Borislav presto si intreccia alla battaglia per una agognata parificazione sociale. Il richiamo del business catalizza le attenzioni di organizzazioni criminali e politicanti disposti a tutto, ma il rigattiere, martoriato nel corpo da una guerra che continua a far sentire la sua eco nelle memorie e nei comportamenti della gente, è artefice di un progressivo risveglio della coscienza, che passa inesorabilmente per quello che lui definisce, in maniera brillante e quasi completamente intuitiva, "il senso del futuro".
Emblematico del suo approccio al commercio è questo brano tratto dal primo capitolo:
Prima di installare il fabbricatore, nel chiosco di Borislav si potevano trovare le solite cose che avevano tutti gli altri chioschi: gomma da masticare, cioccolatini, bottiglie di alcol scadente da comprare all’ultimo momento, scintillanti portachiavi souvenir che i turisti non avrebbero mai usato in nessuna occasione. Quegli oggetti erano l’essenza stessa della vita di un chiosco.
Ora però le cose erano diverse, grazie a quelle colorate schede di plastica con i modelli 3D. I ragazzi più grandi già le collezionavano: non i giocattoli che ci si facevano, ma le schede stesse.
E proprio quel giorno, dal suo solito posto nel cubicolo dalle pareti in vetro, Borislav aveva compiuto il passo logico successivo. Aveva offerto ai ragazzi schede da collezione ultra-scintillanti, carissime, che non avrebbero mai prodotto nessun tipo di giocattolo.
E naturalmente i ragazzini erano impazziti per averle. Ne aveva vendute cento.
E anche in questo c’era una logica che Borislav non comprendeva. Lui agiva con l’istinto del venditore da strada.
Sapeva che i ragazzini, per la loro stessa natura, non erano in grado di comprendere l’importanza del denaro. E Borislav si rendeva conto che prendere quello che gli potevano offrire non era il suo vero scopo.
Loro portavano il senso del futuro. Il ribollire della loro energia era il sintomo di qualcosa di più grande.
Borislav non aveva una parola per definire tutto questo, ma lo percepiva, nello stesso modo in cui con la sua gamba dolorante percepiva l’approssimarsi di un temporale.
Il senso del futuro poteva portare soldi a un uomo. I soldi non avevano mai salvato un uomo senza futuro
Ma è un po' tutto Il chiosco a essere attraversato da considerazioni sull'economia, la società, la politica e la cultura in un contesto di superamento dell'ordine costituito e di rifondazione delle istituzioni. In questa sua vocazione "antropologica" a 360° risultano pienamente condivisibili le parole di Salvatore Proietti (co-autore della traduzione) nella nota bio-bibliografica che fa da introduzione al volume: non è difficile individuare la rete di analogie che avvicina questo romanzo a Il morbo di Mida di Frederik Pohl, classico della SF sociologica ristampato lo scorso anno proprio nell'eccellente collana diretta da Gianfranco Viviani. L'efficacia di Pohl viene eguagliata da Bruce Sterling attraverso il medesimo approccio ironico e satirico alle vicende inscenate, indice di una lucidità critica ritrovata che stempera le posizioni ideologiche senza compromettere lo slancio idealista, verrebbe quasi da dire "romantico", che trova piena espressione nel personaggio di Borislav, commerciante e rivoluzionario "per caso".
La notizia è quindi che Sterling è tornato. Non è lo Sterling che mi aveva incantato con le visioni transumaniste della Matrice Spezzata (1982), ma per fortuna neanche quello che mi aveva deluso con l’acritica esaltazione di tecnologia e iperliberismo fusi in un insipido corporativismo tecnocratico che essudava da Isole nella Rete (1998). Siamo piuttosto dalle parti dei malinconici quadretti di Un futuro all’antica, la sorprendente antologia del 1999 che ci aveva rivelato un aspetto inedito della sua eclettica sensibilità di scrittore e osservatore free-lance dei nostri tempi. Questo lavoro, finalista al Premio Nebula 2008, arriva a farci provare nuovamente il gusto dell’indagine sociale, l’ebbrezza dello scavo filologico negli strati sedimentati nell’immaginario del nostro basso futuro. E si riallaccia idealmente a un altro testo uscito in Odissea Fantascienza come L'Era del Flagello (2004, a sua volta vincitore del Nebula) di Walter Jon Williams, che risplendeva della medesima carica rivoluzionaria e disillusa che ritroviamo ora nell'impresa di Borislav.
Non sembra un caso che entrambe queste opere abbiano il loro snodo narrativo in un paese dell'Est europeo (i Balcani per Sterling, la Transnistria contesa tra Federazione Russa e Moldavia per Williams). Come non sembra un caso che figure-chiave nelle due storie siano persone fortemente legate - da ragioni anagrafiche o umanitarie - a un ambiente socio-politico sospeso tra degrado e annientamento, viste attraverso gli occhi di osservatori occidentali. Per loro natura sono questi paesi sul margine del caos, contesi tra la frontiera dell'innovazione e gli incubi di un passato non ancora esorcizzato, a prestarsi meglio alla sfida del futuro, che per loro spesso coincide con la lotta darwiniana per la sopravvivenza. Queste letture rafforzano l'ipotesi secondo cui ogni cambiamento epocale, per quanto grande, prende avvio sempre dalle piccole intuizioni di persone comuni. E la precarietà, questo è pacifico, affina l'ingegno.
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