E così la sua storia.
Avevo il nome, ma in qualche modo dovevo giustificare questo retaggio misto nippo-ungherese che gli avevo conferito. Noi siamo la somma delle nostre memorie, e se un

Stavolta mi sono dovuto prendere la briga di fare qualche ricerca. Ho studiato la storia e la cultura, mi sono concentrato sulle mappe. Ho preso molti appunti, guardato foto. Desideravo ferventemente di avere il tempo di visitare tutti questi posti ignoti dai nomi curiosi di cui avevo letto, poi ho accettato il fatto che sarebbe stato logisticamente impossibile. Invece, ho pronunciato a voce alta i nomi dei luoghi e i nomi di poeti e politici, assaporandoli allo stesso modo di quanto avevo fatto prima con il nome di Kovacs. Li ho mescolati e li ho abbinai, ho lanciato nel mix i miei frammenti culturali presi in prestito come se fossero dadi e ho aspettato di vedere cosa ne sarebbe saltato fuori. E così sono nati, sulla scia di Kovacs, l’industria locale del legno di bela, l’ascesa e il declino di Newpest e delle sue città gemelle Drava e Erkezes, la rivoluzione quellista e i surfisti di Vchira Beach, i dialetti magiari di Kossuth e la Distesa d’Erba, la mafia haiduci e il suo particolare codice d’onore, la barriera corallina e il labirintico gruppo di isolette di Eltevedtem, il ricco arcipelago di Millsport.
Ho saccheggiato e fatto a pezzi l’eredità culturale di Ungheria, Giappone e mezza dozzina di altre nazioni per il materiale. Ho sempre creduto che un’opera di narrativa si regge su convincenti dettagli supplementari, e per un’opera di fantascienza questo è doppiamente vero perché un romanzo di fantascienza deve riuscire a essere tanto più convincente da consentire al lettore di sospendere l’incredulità e abbandonarsi alla storia. Quello che mi sono permesso di derubare da queste culture è diventata la linfa della serie di Kovacs.
In questo senso, i miei libri sono davvero globali nella loro ispirazione.
E da cittadino globale, mi auguro che possano piacervi.
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