Oggi è la crisi economica a tenere banco, ma il nostro pianeta ha tanti altri piccoli, grandi problemi, non ultimo il riscaldamento globale. Le calotte polari si sciolgono, le aree desertiche si espandono. Roland Emmerich, nel film The Day After Tomorrow, aveva mostrato i cataclismi che avrebbero portato l’uomo del XXI secolo dinnanzi a una nuova era glaciale. Anche i videogiochi si sono interrogati sul tema e, in effetti, pure a vedere il futuro dipinto da Fracture, non c’è da stare molto allegri. Il titolo, prodotto da Lucasarts per Playstation 3 e Xbox 360, è ambientato nel 2161, nel cuore di un’America ridotta a un cumulo di macerie proprio a causa di disastri ecologici e di una successiva guerra civile.
“Quando abbiamo cominciato a delineare il mondo di Fracture” spiega Vicki Miller, assistente di produzione del gioco per Lucasarts “il piano era di presentare uno scenario che potesse sembrare familiare ai giocatori, pur essendo drammaticamente diverso. Siamo quindi partiti da una domanda attuale: cosa accadrebbe se il riscaldamento globale continuasse in modo incontrollato? Da questa riflessione ci siamo spinti fino a immaginare le conseguenze peggiori. Poi avevamo bisogno di trovare una motivazione per l’inizio di una nuova guerra civile negli Usa. Abbiamo voluto esplorare cosa significhi essere uomini e cosa potrebbe succedere nel caso in cui ricerche genetiche e clonazione ci sfuggissero di mano. Quali conseguenze possono verificarsi quando le persone non sembrano più o non si comportano più come esseri umani? Sono entrambi temi di capitale importanza nella coscienza collettiva, così ne abbiamo voluto prefigurare gli esiti potenziali, anche se nella realtà è altamente improbabile che la situazione si evolva in questa maniera”.
Nel gioco si vengono a creare due blocchi. A est l’Alleanza atlantica, che crede che il mondo si possa ancora ricostruire rimboccandosi le maniche con l’aiuto della cibernetica e di tecnologie in grado di deformare il terreno, utilizzabili anche come armi tettoniche micidiali. A ovest gli Stati secessionisti della Repubblica di Pacifica, dove si è iniziato a modificare il Dna umano per adattarlo ai mutamenti climatici. Queste scelte portano a una profonda frattura in quelli che erano una volta gli Stati Uniti d’America.
“Il titolo Fracture rispecchia tanto la storia quanto le meccaniche di gioco, che si basano sulla deformazione del terreno. Fracture è in primis uno sparatutto in terza persona che permette al giocatore di rimodellare il suolo. Nel videogame ci sono enigmi che sfruttano questa caratteristica, ma la deformazione del terreno è anche parte integrante dei combattimenti. Può essere usata per difendersi o attaccare in un’infinità di modi. I giocatori possono alzare il terreno per erigere coperture, aprire voragini sotto i piedi dei nemici, sparare a siluri sotterranei o costruirsi una postazione elevata da cecchino, solo per citarne alcuni.
Originariamente, sapevamo unicamente che la deformazione del terreno avrebbe giocato un ruolo chiave, ma non avevamo ancora idea di quale potesse essere la trama del videogame. Il soggetto è stato elaborato in un secondo tempo, lavorando a stretto contatto con il team di sceneggiatori, per concepire un mondo, comunque riconoscibile, in cui la presenza degli strumenti per la deformazione del terreno risultasse plausibile. Era importante ottenere un conflitto nel quale i giocatori si sentissero coinvolti e non la solita guerra nello spazio senza empatia. Lo studio delle dinamiche di gioco e la storia si sono poi evoluti insieme, man mano che si procedeva nello sviluppo”.
Ricapitolando, abbiamo un’America del futuro allo sbando, immersa in un’ambientazione postapocalittica, erosa dall’interno e che, più che fare i conti con gli altri, stavolta è costretta a fare i conti con sé stessa. Se vi ricorda lontanamente una serie tv, e quella serie tv è Jericho, non c’è da stupirsi. Infatti alcuni degli sceneggiatori del gioco, come Stephen Scaia e Matthew Federman, hanno lavorato proprio sugli episodi del telefilm.
“Abbiamo avuto colloqui con molti sceneggiatori e alla fine abbiamo scritturato coloro che hanno dimostrato di padroneggiare meglio gli argomenti che sarebbero stati rilevanti nel gioco. Stephen Scaia, Matthew Federman e Jason Smith avevano conoscenze di carattere militare e già esperienza con la fantascienza. Inoltre erano abituati a scrivere dialoghi per la tv, uno stile che funziona molto bene anche per le storie dei videogame. Si sono dimostrati entusiasti del progetto ed estremamente propositivi. Ci siamo trovati in perfetta sintonia. Uno degli aspetti fondamentali quando si racconta una storia, che si tratti di film, serie tv, libri o videogame, è inventare personaggi interessanti. I giocatori, come gli spettatori, hanno bisogno di relazionarsi con quel mondo immaginario. Simpatizzare con i personaggi, aiuta a colmare il divario, consentendo ai giocatori di rimanere catturati dalla vicenda. Personaggi credibili possono fare in mondo che un mondo irreale cominci a vivere”.
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