In libreria da qualche settimana un romanzo scritto da un autore che si può definire il “nume tutelare” di quella generazione perduta conosciuta come Beat Generation. Parliamo di William Seward Burroughs e del suo romanzo Strade Morte (The Place of Dead Roads, 1983).

In questo romanzo l’autore, con il suo inimitabile stile visionario, miscela molto bene tre elementi come la fantascienza, il western e la fascinazione gay in un unico e interessante motivo. Già nel precedente romanzo della trilogia, Le città della notte rossa aveva narrato la storia di un pirata, il Capitano Mission già un secolo prima della rivoluzione francese parlava di uguaglianza, abolizione della tortura, della schiavitù e della pena di morte fondando nel Madagascar una colonia chiamata Libertatia e, partendo da questi avvenimenti che si svolgono nel diciottesimo secolo e in parte in un futuro non lontano descrive la storia di cosa sarebbe accaduto nel mondo se presso questa comunità libertaria di pirati, avesse scoperto anzitempo il fucile a cartucce.

In questo secondo romanzo ci narra le avventure di un pistolero sui generis di nome Kim Carsons, che insieme ai suoi sodali è impegnato a salvare la libertà della galassia.

L’autore. William Seward Burroughs II (St. Louis, 1914 – Lawrence, 1997), nasce

William Burroughs
William Burroughs
in una famiglia più che benestante (erano proprietari della famosa fabbrica di calcolatrici che portavano il nome di famiglia, oggi Unisys). Si laurea ad Harvard, ma ben presto la sua irrequietezza lo porta a vivere fuori dagli schemi e prende a girare per il mondo facendo svariati lavori ed entrando in contatto anche con criminali. Ha una grande passione per le armi, si ferisce alla mano nel confezionare cartucce e durante il ricovero fa il suo fatale incontro con la morfina.

Dichiaratamente omosessuale, sposa una sua amica, Joan Vofimer (tossicodipendente anche lei), vanno a vivere in messico, hanno un figlio. Uccide la moglie sparandole in uno stupido gioco alla Gugliemo Tell. Dopo essersi ritrovato a Tangeri con Kerouac e Ginsberg, raduna i suoi appunti e dà vita al romanzo Pasto nudo, pubblicato nel 1958 e da cui David Cronenberg trasse nel 1991 l’omonimo film. successivamente, negli anni ’60 scrive opere come La macchina Morbida, Il biglietto che esplose e Nova Express.

L’autore da Tangeri si sposta in Europa e negli anni settanta rientra negli Stati Uniti.  

La trilogia Cities of the Night si compone di Cities of the Red Night: A Boy's Book (Le città della notte rossa, Arcana); The Place of Dead Roads (Strade morte, pubblicato per la prima volta in Italia nel 1983 da SugarCo) e The Western Lands (Terre occidentali, SugarCo).

Dall'introduzione.

Cover originale
Cover originale
Il titolo originale di questo libro era La famiglia Johnson. “La famiglia Johnson” era un’espressione usata verso la fine del secolo per indicare vagabondi inoffensivi e ladri. Divenne sinonimo di un codice di comportamento. Un Johnson onora i propri impegni. Mantiene la parola ed è bello fare affari con lui. Un Johnson bada ai fatti suoi. Non è un ficcanaso, un moralista, un piantagrane. Un Johnson sa aiutare quando c’è bisogno di aiuto. Non sta con le mani in mano mentre qualcuno annega o è intrappolato sotto un’auto in fiamme.

L’unica cosa che potrebbe unire il pianeta è un programma spaziale unificato.., la Terra diventa una stazione spaziale e la guerra è semplicemente fuori questione, irrilevante, palesemente folle in un contesto di centri di ricerca, porti spaziali, e nell’euforia di lavorare con gente che ti piace e che rispetti verso un obiettivo comune, un obiettivo da cui tutti i lavoratori trarranno vantaggi. La felicità è un prodotto secondario della funzione. La stazione spaziale planetaria darà a tutti i partecipanti un’opportunità di funzionare.

La quarta di copertina. Western, fantascienza e fascinazioni gay trasformano un possente affresco tripartito in un piccolo film, ammaliandoci con uno stile visionario che abbatte tutti i generi ed è ormai diventato un classico della letteratura.

“Qualche volta i sentieri durano più delle strade”: così aveva sentenziato William Burroughs ne Le città della notte rossa, primo capitolo di una “trilogia della tarda maturità” di cui fanno parte anche Strade morte e Terre occidentali. E l’apertura di questo libro non deluderà chi ha imparato ad amare le bizzarre creazioni del Padrino dei Beat: una classica sparatoria in stile Vecchia Frontiera ci catapulta indietro nei decenni alle soglie del Novecento, testimoni attoniti delle stralunate avventure di Kim Carsons — pistolero sui generis che legge Rimbaud — e dei suoi sodali impegnati a salvare la libertà della galassia. Tra eroi decadenti e vagabondaggi nel tempo, Strade morte si svela come un rosario senza scampo in cui le vicende dell’umanità si ripropongono sempre e in ogni epoca: cicliche, indecifrabili e lanciate a folle velocità verso un destino beffardo finché “il cielo si oscura e si spegne’.

William S. Burroughs, Strade morte (The Place of Dead Roads, 1983), traduzione di Giulio Saponaro, Elliot Edizioni, collana Raggi, pagg. 405, euro 22,00.