Nasce così fra il 2005 ed il 2006 Extremis (Iron Man, Marvel Comics, 2006 – Marvel Italia, 2006), sceneggiatura e dialoghi di Warren Ellis e matite di Adi Granov, una storia stupenda in cui si reimmaginano le basi costitutive di questo personaggio. Stark si trova davanti ad un difficilissimo dilemma: quanto può migliorare l’armatura che indossa prima di raggiungere i limiti della propria capacità di gestirla? Cosa succede una volta toccati questi limiti? La risposta è semplice: si migliora l’uomo. Così Iron Man diventa da unico umano fra i metaumani l’unico postumano fra i metaumani.
Infatti Stark si inietta un virus ricombinante che riarrangia completamente la sua biologia ottimizzandola ed incorporando alcuni sistemi dell’armatura, in particolare quelli di interfaccia, direttamente nel suo sistema nervoso e nel cervello. Lo vedremo da questo momento controllare le apparecchiature informatiche col pensiero, in puro stile Conjoiner (da Alastair Reynolds), accelerare le proprie reazioni, rigenerare i tessuti ed infine diventare una cosa sola con l’armatura fino a poco tempo prima solo indossata.
Dopo aver incominciato Extremis, Ellis si dedica alla realizzazione di un’altra opera molto importante sempre per la Marvel: New Universal. Qui si tratta di Singolarità pura e semplice con annessi e connessi postumani. La Terra o per meglio dire il tessuto di realtà che contiene la Terra viene spostato di punto in bianco su nuovi binari da un evento cosmico che accade in determinate congiunture della civiltà dominante del pianeta. Su questi nuovi binari le possibilità di sviluppo e di alterazione della realtà circostante vengono moltiplicate all’ennesima potenza, a tal punto che assieme allo spostamento vengono designati alcuni rappresentanti della specie in modo da renderli adatti a tener per mano i loro consimili nella transizione. Questi rappresentanti naturalmente non rimangono puri e semplici umani ma travalicano la loro natura per entrare nel campo del postumano.
Concetti diffusi quindi che, portati alla ribalta dalla “scuola” inglese già agli inizi degli anni ‘90, cominciano a dilagare in tutto il mondo fumettistico anglo-americano fino a dare i frutti maggiori proprio alla fine di questo decennio. Già da qualche anno sembrano infatti esser stati assorbiti (o almeno alcuni loro stilemi) nella quotidianità della narrazione dove, del resto, la loro proliferazione cresce di giorno in giorno. Assistiamo ad una vera rivoluzione postumana nel fumetto mainstream, una rivoluzione in cui il postumano non solo si pone come un’alternativa al supereroe vecchio stile, mantenendone però una dialettica similare, o come un valido argomento di riflessione a se stante (Transmetropolitan) ma spesso e volentieri viene inquadrato come un’evoluzione dello stesso (Iron Man) o come una nemesi (Stormwatch ed in Authority): un’evoluzione comunque rivolta a soppiantarlo e a soppiantarne le logiche elitarie.
I supereroi vengono sorpassati alla stessa stregua degli umani baselines dall’ottica transumana, diventano lentamente il simbolo di un mondo che va cambiando così velocemente da non lasciar più spazio neppure per loro, tanto che anche dalle pagine di Civil War (crossover estivo Marvel a cura di Mark Millar) ne abbiamo un sentore. Il simbolo del classico supereroe (Capitan America) viene soppiantato dal nuovo concetto (Iron Man) e dall’Iniziativa, un’idea volta alla proliferazione dei metaumani sotto il controllo dello Stato, metaumani ottenuti con la tecnologia e la genetica più che con un fortuito accidente magico, radioattivo e/o chimico. L’immaginario collettivo cambia ed influisce su tutti i piani in cui si manifesta, fumetto non escluso. Se qualche tempo addietro un giovane adolescente era abituato a sfogliare le pagine dei Vendicatori (Potenti Vendicatori ora) per vederli affrontare, in una lotta all’ultimo sangue, il malvagio robot Ultron che in preda alla gelosia ed al delirio di grandezza voleva sterminare la razza umana adesso si aspetterà dallo stesso Ultron i toni di una AI postumana pronta ad estinguere una razza ormai al capolinea. Non si scandalizzerà nemmeno di fronte all’esplicito, maturo e molto interessante Transhuman (Jonathan Hickman) in cui di nome e di fatto si parla dell’impatto delle tecnologie postumane e delle politiche di gestione delle stesse perché in fin dei conti si parla proprio del suo futuro.
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