Mentre era alle prese con la stagione finale di Stormwatch, Ellis comincia un’altra opera di radicale importanza: Transmetropolitan (Transmetropolitan, Helix poi Vertigo – DC Comics, 1997 – Play Press, 2000). Uscito con la linea Helix della DC Comics e poi spostato alla linea Vertigo (quella che dovrebbe presentare tematiche rivolte ad un pubblico più adulto). Transmetropolitan è un’opera prettamente a sfondo politico, anzi aggressivamente a sfondo politico, è una pesantissima critica a quanto si stava prospettando come linea d’azione del governo statunitense e britannico per il nuovo millennio.
Quindi un’impronta sociale e politica degna di Ken MacLeod in un’ambientazione volutamente transumanista, come si evince dal titolo. Il protagonista è Spider Jerusalem, famoso giornalista d’assalto appena ritornato sulla scena dopo un lungo autoesilio, ed il teatro degli eventi La Città, luogo in cui si svolge gran parte dell’azione, un conglomerato urbano che mai nel fumetto viene nominato come luogo preciso ma che chiaramente, da indizi narrativi e grafici, rappresenta New York. La città è un ambiente in cui convivono e si scontrano culture diversissime che ricordano i clades postumani, tanto cari ad Alastair Reynolds, in un ambiente in continuo mutamento e sempre sull’orlo di una crisi di collasso. Parte centrale di uno degli archi narrativi iniziali è la lotta per il riconoscimento di una tribù transumana che si innesta DNA alieno mutandosi radicalmente mentre più avanti, durante la sua indagine, Spider Jerusalem dovrà relazionarsi con nebbie senzienti di naniti, cani intelligenti fino ad arrivare alla ex-moglie: una testa pensante in un serbatoio di criostasi. Dal titolo fino alle ultime battute Transmetropolitan è completamente un fumetto di fantascienza, nemmeno l’ombra di un supereroe, ed in particolare fantascienza contemporanea postcyberpunk con una narrazione così adulta, così sottile, così d’impatto che tranquillamente potrebbe stare al fianco delle sue sorelle letterarie.
Un altro scrittore molto attivo ed altrettanto famoso che lascerà qualche traccia postumana verso la fine degli anni novanta è Grant Morrison. Scozzese anche lui è stato associato, come del resto lo stesso Ellis, in alcune interviste e blog a Charles Stross, Reynolds ed agli altri della corrente inglese (per esser precisi gallese-scozzese). Morrison sì è fatto le ossa sulla rivista di fantascienza e fumetto 2000 A.D. (per cui Ellis ha scritto qualche numero di Judge Dredd) e con lo stupendo Animal Man, un’opera in chiave ecologista-ecoterrorista, è sbarcato in casa DC Comics per la quale produrrà anche The Invisibles, magistrale insieme di fantascienza, misticismo e politica anarchica. Un artista quindi già formato ed in piena attività cui viene assegnata la responsabilità principale di curare il crossover estivo della DC Comics nel 1998. Nasce così DC One Million (DC One Million, DC Comics, 1998 – Play Press 2001), una saga ambientata principalmente nell’853° secolo, momento in cui, seguendo la numerazione attuale, la DC Comics avrebbe pubblicato il primo numero con la numerazione 1.000.000. La storia in questione è principalmente divertente, ben scritta e non particolarmente pregnante dal punto di vista teorico o filosofico ma quello che ci interessa non sono gli eventi principali bensì lo sfondo in cui si svolgono: l’853° secolo, ovvero una società completamente postumana e probabilmente post-Singolarità. Ogni essere può scaricare direttamente dalla rete pangalattica momentanei templates metaumani, ogni uomo è alterato tanto da assomigliare quasi ad un cittadino della Cultura di Iain M. Banks e la connessione stessa è sorretta da nodi formati con computer stellari senzienti non molto diversi dagli Archailects così cari ai worldbuilder di Orion’s Arm. Grant Morrison si dimostra insomma talmente a proprio agio con i concetti espressi dalle nuove correnti di fantascienza contemporanea da potersi permettere di giocare con loro per un’estate.
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