L’autore scozzese ha carta bianca nel tentare di riportare sul mercato il fumetto, peggio di così in effetti non potrebbe andare, e può godere della collaborazione di quello che sarebbe diventato uno dei migliori disegnatori sul mercato odierno: Brian Hitch. Ellis non si fa remore a gestire la situazione come più gli aggrada con una memorabile sterzata di timone. Nelle storie della squadra metaumana di pronto intervento delle Nazioni Unite (Stormwatch per l’appunto) vengono subito introdotte tematiche politiche molto più adulte che fanno eco al quadro reale contemporaneo: l’ottica si sposta dagli Stati Uniti, visti spesso come la rappresentazione di una vecchia e sorpassata egemonia di governo, e comincia a farsi sempre più globale in un eco di quello che si è cominciato ad intravedere nelle pagine di Destino: in questo caso siamo però di fronte solo ad una piccola apertura verso quanto seguirà.
La fantascienza non sarà più nelle storie di Ellis un semplice pretesto, uno sfondo per le avventure dei supereroi di turno ma diverrà il primo motore della narrazione e stiamo parlando di una fantascienza sullo stile di Stross, Banks e Ken MacLeod. Nella miniserie Change or Die l’Alto, un superessere alieno sulla Terra almeno dagli anni ’30, tenta con tutte le sue forze di cambiare il mondo e non con l’esempio o con atti semplici e frammentari di eroismo, ma letteralmente: il bello sta nello scoprire come ed assieme a chi. Nel gruppo dei Changers, i compagni dell’Alto (molto vicino allo stereotipo di Superman), spiccano due figure che si accollano il fardello del vero e proprio mutamento: Engineer e The Doctor. Il primo è un insegnante universitario che ha sostituito il proprio corpo con una colonia di nanomacchine viventi ibride (vegetali/animali): gli viene assegnato il compito di creare in tutto il mondo giardini intrisi della stessa nanotecnologia che lo sostiene, vere e proprie cornucopie, in modo da sollevare l’umanità dai bisogni materiali fornendogli allo stesso tempo, sempre gratuitamente, conoscenza e tecnologia complessa. Il secondo custodisce la coscienza e la conoscenza ancestrale dell’Umanità (nel fumetto in chiave mistica ma con sfumature che sono decisamente in debito con le moderne teorie quantistiche) ed in base al programma dell’Alto dovrebbe iniziare, con i suoi estesi poteri di alterazione della realtà, il programma di educazione globale che condurrà per mano l’Uomo ad un nuovo stadio evolutivo.
Senza più bisogni materiali da soddisfare, con la capacità di mutare l’ambiente e se stesso a portata di mano e soprattutto di comprendere a fondo, immediatamente, quello che lo circonda, senza infine nessuna struttura sociale, l’essere umano sarebbe dovuto diventare, nella visione dell’Alto, altro da sé. In poche parole l’Alto cerca di forzare nell’Uomo, purtroppo senza successo, tramite due diversi tipi di Sapere (o tecnologie?), l’effetto di una vera e propria Singolarità. Ormai i concetti della nuova fantascienza sono entrati con prepotenza, e di diritto, nel mondo dei fumetti.
Queste tematiche verranno riprese, assieme ad alcuni personaggi di Stormwatch, nel successivo Authority (Authority, Wildstorm – DC Comics, 1999 – Magic Press 2000), che diverrà una delle testate più famose della Wildstorm ma non con una visione così lucida o radicale. In Authority vedremo realtà parallele, nessonavi che si muovono nel tessuto connettivo fra gli universi (il Bleed), enormi “motori” che partendo da poche cellule sfornano eserciti di superumani, nulla però a mio avviso di così radicale da avvicinarsi all’incarnazione precedente. Una sola cosa interessante comincia a concretizzarsi, un concetto che Ellis utilizzerà anche altrove: i bambini nati il primo gennaio del 1900. Durante Authority, in particolare nel ciclo finale della gestione Ellis, si scopre che questi pochi e fortunati esseri rappresentano lo “spirito incarnato” del ventesimo secolo. Una sorta di sistema immunitario creato dalla coscienza stessa del secolo del progresso: in effetti la più famosa fra loro non è nientedimeno che un elementale dell’elettricità. Forse un piccolo evento di Singolarità è già postulato dall’autore scozzese, semplicemente è stato più sottile e meno appariscente di quanto ci aspettassimo.
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