Fantasmi dall’Oriente
“The future is not a straight line. There are many different pathways. We must try to decide that future for ourselves.” (Akira)Ricercare elementi transumani e postumani nei fumetti giapponesi, senza contare per fortuna l’animazione, è come chiedere di venir travolti da una valanga. Le idee cyberpunk occidentali hanno trovato terreno fertile nel paese del Sol Levante, cui tanto deve la poetica dello stesso Gibson, ed hanno attecchito in una miriade di manifestazioni, rese ancor più potenti da un immaginario collettivo per anni abituato ad una rivalsa sul mondo occidentale proprio grazie alla tecnologia. L’ottica cyberpunk e con lei quella postumana diventano elementi nel calderone tecnologico che alimenta il lettore medio di manga, un lettore ben abituato a leggere di cyborg e di tecnologia innestata nel corpo umano fino almeno dagli anni ’60 (un esempio su tutti lo stupendo Cyborg 009 di Shotaro Ishinomori). Proprio però per la diffusione del concetto cyberpunk e molto velocemente di quelli post-cyberpunk, come il transumanesimo, portano ad una saturazione del mercato che si potrebbe definire a bassa risoluzione. In effetti già nell’Akira di Otomo (basti pensare da dove è arrivato e come si evolve Tetsuo) o nei newtype di Gundam (siamo in pieni anni ottanta) si respirano particelle di postumanismo ma solo in rarissimi casi riusciranno a coagularsi in un disegno organico, in un’analisi sulle ricadute sociali della visione postumana (riflessioni già di per se stesse estranee all’ottica giapponese). Possiamo provare comunque a raccogliere un paio di fermi immagine significativi per dar conto degli estremi dello sviluppo del fenomeno. Il maestro naturalmente, di cui si parla in modo approfondito nella sezione cinema, non può esser altrimenti che Masamune Shirow con il suo Ghost in the Shell, reso in modo splendido e fedele alla matrice iniziale dalle pagine del manga fino ad arrivare sul piccolo o sul grande schermo.

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