L’altro volume che qui presentiamo fonda gran parte del suo fascino nel ritorno in scena dell’eroe dopo quasi vent’anni. L’ultima novelizzazione (per ora? il dubbio permane...) è firmata dall’ex veterinario James Rollins (all’anagrafe Jim Czajkowski e con l’ulteriore pseudonimo James Clemens), nato a Chicago come Harrison Ford e James Kahn e oggi brillante scrittore di bestseller pubblicato dalla Editrice Nord, forte delle lodi sperticate del Publishers Weekly («Rollins trasmette il meglio di Clive Cussler, Robert Ludlum e Dan Brown» e addirittura «Se a Cussler si dovesse assegnare la medaglia d’oro nella narrativa a Rollins bisognerebbe dare quella d’argento»...).
Il dover tuttavia ricreare scene pensate non per la pagina scritta (al massimo per gli inevitabili videogiochi...) ma per l’adrenalinica domanda di emozioni del pubblico che affolla i cinema di oggi è impresa ardua e inevitabilmente destinata al fiato corto: la prima scena (perfetta sullo schermo, aperta citazione di American Graffiti con tanto di splendida Hound Dog di Elvis in sottofondo) viene quasi rovinata, mentre l’inseguimento nella foresta peruviana (richiamo nemmeno tanto soffuso alla luna boscosa di Endor dal Ritorno dello Jedi) è reso noioso e perfino prolisso, rovesciando la prolungata spettacolarità vista al cinema.
Pochissime le scene extra o salvate dal montaggio finale (ammesso siano mai state girate: lo scopriremo soltanto con l’uscita del dvd, ma con Spielberg e soprattutto Lucas non è mai detta l’ultima parola!): in pratica soltanto il prologo ambientato nel 1546, l’inizio con Indy e Mac nello Yucatan del 1957 dove vengono prelevati dai sovietici, e la breve sortita alla partita del torneo studendesco di football nel Marshall College durante la fuga di Indy e Mutt in Harley-Davidson (peraltro un modello anacronisticamente uscito quasi 50 anni dopo...).
Si dice qualcosa di più del finale, cercando di spiegare l’inspiegabile nonché l’esperienza estrema vissuta dal colonnello Irina Spalko (decollo interdimensionale dei 13 alieni dallo scheletro di cristallo compreso), ma la sensazione di déjà vu dallo spielberghiano Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) permane.
Alcune traduzioni mostrano poi scelte discutibili: il continuo grido di Marion “Indiiiiiii!” anziché “Indyyyyyy”, qualche pronome e diverse virgole mancanti, un insistito “iris” anziché il comunissimo “iride”, un sospetto “figure parentali” per “figure genitoriali” (ma allora bastava “genitori”), nonché il più classico degli errori ortografici: l’apostrofo negli imperativi...
Nel complesso, un divertimento soprattutto riservato a curiosi e fan dell’avventuriero. Nonostante già a maggio 2005 Lucas abbia dichiarato al settimanale Time che il quarto sarebbe stato davvero l’ultimo film di Indiana, il trionfo al Festival di Cannes (e al botteghino mondiale, che in un mese ha sfiorato i 700 milioni di dollari) sembrerebbe spingere a una riflessione il duo Lucas-Spielberg: persino Ford – vero artefice del ritorno del personaggio, prima che invecchiasse troppo – non lo ha escluso. A patto che non si debbano aspettare altri 19 anni...
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