– Il mare – dice Melissa, stringendosi nelle spalle, come se fosse la constatazione più naturale. – Un secolo fa questa zona era tutta sommersa.
Lorenzo abbraccia il panorama dalla vetta della collina su cui si trovano e si riserva di dubitarne. Ma non dice niente. Melissa è sua cugina, o qualcosa del genere. Figlia di una cugina di suo padre, l’ultima a essere rimasta laggiù, nella terra dei loro antenati. Ma anche se in quel posto ci è cresciuta, potrebbe non saperne molto. Senza Virtuale è una possibilità concreta.
Melissa si rigira tra le dita il guscio della Cerastoderma edule glaucum e si sporca di terra. – Fossili – dice. – Avranno un milione di anni o più.
– Finora ne ho trovate cinque specie – dice Lorenzo, condividendo con lei qualche altro esemplare della sua collezione privata. – Queste con il guscio seghettato a pettine. Queste fatte come un corno pieno di aculei. Queste altre prive di escrescenze. E queste rosa, rigate di trasverso…
– Trasversalmente – lo corregge Melissa.
– E poi queste…
– Una stella marina! – esclama Melissa, non riuscendo a trattenere la meraviglia.
I nomi: Cerastoderma, Muricopsis, Raphitoma linearis, Venus Verrucosa, Ophiopholis aculeata. Lorenzo li ha ricavati dal Grande Libro, appuntandoseli su un quadernetto trovato anch’esso nella biblioteca-cantina. Per ogni nuova specie che scopre scatta delle foto e poi si sforza di riprodurne a mano il disegno, corredandolo con i dati tassonomici.
– Devono essere proprio antichi.
– Milioni di anni. – Lorenzo tira fuori il quaderno con gli appunti. – La Muricopsis cristata risale al Cretaceo Inferiore. 120 milioni di anni fa. – Quindi, come per giustificarsi, aggiunge: – Li sto catalogando. Li raccolgo e poi li confronto con i disegni del libro. Sto prendendo anche delle foto. Quando tornerò a casa caricherò tutto nel mio dominio. Penso di allestire una piccola esposizione.
All’improvviso Lorenzo ricorda quanto sia difficoltosa la navigazione laggiù e realizza che, con tutta probabilità, Melissa non si è mai immersa in un ambiente simulato. Almeno, non in modo da poterne apprezzare tutte le sfumature. Nelle zone rurali la banda basta appena per navigare a vista. Le risorse più potenti restano precluse. Niente percezione totale: bisogna accontentarsi di spettri confusi, nella nebbia.
Melissa indugia qualche istante. – Vuoi vedere un relitto veramente mostruoso?– Cosa intendi?
– Qualcosa che nessun embedded ha mai visto – lo provoca. Poi, di fronte all’indecisione di Lorenzo, aggiunge: – Possiamo raccogliere le conchiglie, lungo la strada.
Il sottobosco è ancora umido della pioggerella del pomeriggio prima. Il sole ha asciugato i campi, ma lungo il sentiero le chiome dei pini filtrano i raggi di luce. Sotto i loro piedi gli aghi delle conifere intessono un manto rossiccio e morbido. Ogni tanto Lorenzo scalcia una pigna. Vorrebbe raccogliere i funghi che crescono alla base degli alberi, ma suo padre gli ha sconsigliato di toccarli: senza il riscontro del Virtuale, solo un esperto saprebbe riconoscere le specie commestibili da quelle velenose. E come non ha caricato agenti autonomi per la malacologia, Lorenzo non ha pensato nemmeno alla micologia prima della partenza (ovvero della separazione).
– Come si vive in città? – La voce di Melissa interrompe le sue riflessioni. Nell’aria ristagna un odore verde, intenso e avvolgente. Lungo il sentiero non c’è traccia di conchiglie e Lorenzo si sente preso in giro.
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