Tentò di resisterle.Ribera si girò. Aveva un bieco sorriso sulle labbra. In mano stringeva una piccola pistola a iniezione. - Preparati, stai per raggiungere l’eternità. Ma prima devi vedere… capire… così sarai davvero felice. - Allungò la mano alla sua destra abbassando una leva.Un ronzio alle spalle della ragazza e un leggero ma deciso movimento la costrinsero ad allontanarsi dalla parete. Che si aprì alla sua vista.
Atterrì.
9.
Ottavio restò qualche istante ipnotizzato dalla vista della parete che parete non era cominciando a capire. Ecco perché aveva sentito quelle voci, ecco perché l’intensità di quelle percezioni era riuscita a incidere persino le sue fibre ottiche, dandogli immagini spettrali di persone che una volta erano state lì. E le voci… decine di voci diverse…No, quella che aveva di fronte non era una parete…
Rosanna si girò di scatto. Sapeva che sarebbe stato molto pericoloso distogliere gli occhi dall’uomo, anche se pareva non aver ancora intenzione di afferrarla, ma la sua vista fu calamitata da ciò che vide.
- C’è l’universo lì dentro - sentì dire da Ribera. - C’è la vita eterna, l’eterna bellezza.
- C’è la morte - rispose con voce tremante la ragazza.
- Capirai.
Ottavio si avvicinò. Lentamente. Non aveva mai visto una… finestra di quelle dimensioni. Era alta quanto tutta la parete, quasi due metri e mezzo, e larga altrettanto. Ma ciò che lo sconcertava di più era il suo spessore. Migliaia di anni, pensò, ci sarebbero voluti migliaia di anni perché la luce o il calore l’attraversassero. E le parole che aveva udito erano semplicemente parole di riflesso, parole rigurgitate dal plasma, che era padrone di quel piccolo spazio reale divenuto infinito. Non c’erano vetri a contenere gli atomi in eterna agitazione e in immobilità totale, ma una barriera elettromagnetica che poteva essere facilmente attraversata, che però conteneva la sostanza plasmatica impedendole di disperdersi nell’ambiente circostante.
E sbalordimento si aggiunse a sbalordimento.
Perché nel plasma fluttuavano…
Rosanna si portò le mani al volto e lanciò un urlo. Ecco come quel mostro voleva preservare la sua bellezza. Affidandola al tempo e all’immutabilità della materia in quella sfida alla legge delle impenetrabilità dei corpi.
Perché il plasma era un equilibrio nel disquilibrio, era un continuo movimento in un involucro immobile, era l’universo, perché l’universo è eterno e immobile, mentre al suo interno tutto muta e si trasforma, è come una immensa lavagna sulla quale vengono continuamente fatti milioni di calcoli anche molto complicati il cui risultato è sempre e soltanto zero.
Lei conosceva tutto del plasma.
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