La lancia con i due a bordo si trovava a cinquanta metri dalla poppa dell’ammiraglia. Troppo distanti per raggiungere in tempo i cavi d’aggancio e la biscaglina, ma con un po’ di fortuna…
Il rombo furioso dei motoscafi frantumò le speranze. Una delle imbarcazioni ostili sfrecciò davanti ai fuggitivi ed un’altra tentò sùbito di affiancarsi. Uomini armati apparvero sulla tolda. Cesare diede un colpo al timone, invertì di nuovo la rotta e si allontanò. Zack si teneva aggrappato con tutte e due le mani al traverso di coperta. La goletta, intanto, aveva poggiato, buttandosi sulla scia della lancia. Sotto i masconi, onde robuste si sollevarono, generate dall’energica spinta del battello. – Attenzione – avvisò la Scuttari nell’auricolare. – Scafo in avvicinamento da est. Cercate di raggiungere il rimorchiatore Amalfi.
Cesare aumentò al massimo la potenza, ma la sua velocità era decisamente inferiore a quella degli inseguitori. Dopo alcune finte virate, riuscì ad accostare al bastimento. Troppo tardi. Le imbarcazioni nemiche lo attorniarono, costringendolo a fermarsi. Anche la nave appoggio era quasi in panna, le vele allascate.
Grappini furono gettati da un battello all’altro. Le cime si tesero e i due scafi si avvicinarono. Due gaffe, una a proravia e l’altra a poppa, tennero vicine le imbarcazioni. Gli aggressori, vestiti con tute nere sintetiche, balzarono sulla lancia. Uno di essi gridò qualcosa all’indirizzo di Zack in una lingua sconosciuta. Il Marconiano mostrò l’apparecchiatura e la rimise al suo posto. Un momento dopo era a bordo del motoscafo. Con la mano alzata, fece un saluto, forse un gesto canzonatorio. L’ira avvampò sul volto di Cesare. Proprio in quel momento, gli giunse la voce della Scuttari. – Non fate domande. Buttatevi in acqua e allontanatevi il più possibile – comandò. Al momento non comprese l’ordine, ma altre voci si sovrapposero a quella del capitano. – Fondale venti metri, sabbia dura – comunicarono. – Tenuta dell’àncora ottomila chili. – Motori avanti tutta – disse la Scuttari. – Amalfi orza, adesso!
Cesare si tuffò all’indietro, l’acqua lo schiaffeggiò e si richiuse. Scese in profondità, avvertendo in lontananza i cupi borbottii delle eliche a getto. Cominciò a nuotare con furia, il freddo lo mordeva sul petto e nelle membra. Avvolta in una pastosa bruma, distinse la carena della Amalfi piegare a sinistra, riducendo lo spazio tra le imbarcazioni. Ruotò sul fianco e vide un’altra nave sopraggiungere. Il Quarnaro, pensò. Riemerse velocemente, scrollando la testa. Impiegò un attimo ad orientarsi. Vide le lance corsare ferme a pochi metri dal rimorchiatore e la figura di Zack parlare animatamente con uno degli aggressori.
Poi, l’ammiraglia piombò con tutta la sua massa, simile ad un’orca inferocita. La prua sfilò veloce sino a giungere al traverso del rimorchiatore. Un gridò echeggiò nell’aria. – Giù l’àncora di sinistra!
Nessuno si aspettava una manovra così azzardata, quantomeno folle. Nel momento in cui l’arnese arava il fondo e trovava la presa, una tremenda vibrazione scosse il Quarnaro. L’occhio di cubia, dove passava la catena dell’àncora, fu strappato. La goletta sbandò sulla dritta, il boma e la randa ruotarono di novanta gradi, e le manovre dormienti stridettero al limite resistenza. La poppa scarrocciò violentemente e chiuse in una stretta il braccio di mare tra i due vascelli, colpendo in pieno i motoscafi. Alcuni uomini fecero appena in tempo a buttarsi fuori bordo, altri, intrappolati, furono schiacciati senza pietà da quella forza inarrestabile.
Prima che l’ammiraglia si raddrizzasse come un animale frastornato, Cesare avvistò con orrore un corpicino dalla testa fulva volare dalle griselle dell’albero di maestra. Un grido straziante si alzò nell’aria. Il bambino cadde in mare e su di lui si abbatté la parte superiore della randa, il picco, caviglie, bozzelli e pezzi di legname. Agghiacciato, Cesare si slanciò verso la zona in cui aveva visto scomparire Davide. Digrignò i denti, attingendo energia dai muscoli. Un altro soccorritore, però, si stava già avvicinando. Tra le onde, scorse una casacca rossa a strisce gialle. Inconfondibile. Era Zack, uscito illeso dall’impatto.
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