Alessio s’intromise nei suoi pensieri: – Massimo, ricorda che la partita non deve andare ai supplementari. A nessuna delle due squadre farà piacere essere costretta a pagare gli straordinari ai propri atleti. Non era in programma. Chiudila qui.– Lo so. – Cavolo, se non hai intenzione di aiutare almeno chiudi quella bocca! – Franco, abbiamo bisogno di almeno tre minuti di recupero. E per carità di Dio, rimettiti quelle fottute scarpe.

– Ehm… avverto il quarto uomo. – rispose Franco, imbarazzato, infilandosi di nuovo i suoi mocassini.

Il Milan batté la palla da centrocampo, temporeggiando. Mancava solo un minuto alla fine della partita. Poi Massimo decise cosa fare. Non era una grande idea, ma era il meglio che riuscì a tirare fuori senza affidarsi a una scaletta pronta.

– Franco, dì al portiere di tenersi leggermente fuori dai pali.

Franco annuì, e Dida eseguì l’ordine con circospezione. – Ora dì a Rodrigo di rubare palla e tirare dalla tre-quarti di centrocampo. Stavolta è il suo turno di fare l’eroe.

Franco esitò per un attimo: – Ma capo, è una manovra rischiosa. Potrebbe sbagliare, e non è detto che Dida riesca a fingere bene di essere stato spiazzato…

– Franco, non ho tempo per le chiacchiere, fallo e basta. Se qualcosa va male mi prendo io la responsabilità.

Franco finì per annuire e eseguì l’ordine.

Ormai i giochi erano fatti. Bisognava solo sperare.

A pochi secondi dallo scadere Rodrigo rubò palla a una difesa troppo rilassata, poi, non potendo però scendere verso la porta, vide il portiere poco fuori dai pali e decise di tentare un’azione coraggiosissima. Il brasiliano tirò con tutta la forza della disperazione, e la palla sorvolò un impreparato portiere e si insaccò poco sotto la traversa.

L’arbitro fischiò tre volte. L’Inter vinse lo scudetto.

Era finita. Un ottimo finale degno di un ottimo racconto.

Massimo staccò lo sguardo dal maxi-schermo, sospirò rumorosamente e poi si girò verso Alessio, ignorando i complimenti di Franco e Andrea.

– Bel lavoro – esclamò Alessio – hai visto che passare l’infanzia a giocare a Subbuteo è servito a qualcosa?

– Non cercare di consolarmi, Ale. Ho sbagliato. Non ce l’ho fatta, lo sappiamo tutt’e due. Anche se per l’ultimo gol non ho chiamato un rigore, il Deus-ex-Machina c’è stato comunque. E poi ho scelto un’azione troppo difficile da attuare in pratica. Se Rodrigo avesse sbagliato saremmo stati tutti in un mare di guai.

– E’vero, il Deus-ex-Machina in parte c’è stato. Ma ciononostante sei riuscito a sfruttarlo in maniera originale. Non so se io avrei rischiato tanto. Ma è per questo che io ti reputo un buon Pianificatore. Ogni tanto bisogna avere le palle per prendersi qualche rischio.

– Ma la tifoseria milanista è inferocita! Guarda.

Le Talpe non avevano ancora finito il loro lavoro. Sulla pianta dello stadio, la tifoseria milanista era contraddistinta da diverse spie di colore rosso acceso. Dal maxi-schermo sembrava che i milanisti stessero minacciando un’invasione di campo. Molti inneggiarono motteggi contro il loro incapace portiere.

– Dannati idioti! – esclamò Massimo – Come se non sapessero che il risultato è pilotato!

– È il retaggio di vecchie abitudini. – rispose Alessio – Ma tu non preoccuparti: hai fatto un buon lavoro, e non tocca a te sistemare le cose. – Alessio sorrise a quell’affermazione, ma Massimo non capì il perché. Poi Alessio volse lo sguardo al maxi-schermo, e tutti fecero altrettanto.