- Mentre in centro avvenivano le esplosioni, a Fuorigrotta è stato rapito uno studioso, un sismologo a quanto mi è stato detto. La moglie ha dato l’allarme alla polizia e ha fornito un identikit delle due persone che ha visto scappare col corpo del marito, probabilmente svenuto. Non ha visto granché e non credo che gli identikit serviranno a niente... quello che tuttavia ha messo l’Aisi sul chi va là è il fatto che insieme a questo professore, Settembrini, sono state trafugate tutte le carte del suo lavoro. L’Istituto nazionale di Geofisica e l’Osservatorio vesuviano dove lavorava Settembrini ci hanno riferito che la ricerca del professore verteva su un sistema che, attraverso micro-sismi artificiali, facesse emergere giacimenti petroliferi sepolti sotto i fondali marini. -Prosperi ascoltava con perplessità crescente. Si trattava di un fatto bizzarro, senza dubbio. Ma che non gli competeva minimamente. Di geofisica ne sapeva poco e niente, anche se era noto che quello dei micro-sismi artificiali era una tecnica utilizzata dalle imprese petrolifere per scoprire nuovi giacimenti... del resto, in tempi come quelli cose del genere le sapevano pure i bambini delle scuole primarie. - Insomma, per fargliela breve l’Aisi sospetta che ci sia una trama. L’attentato degli autonomisti è stato troppo blando rispetto ai loro standard... si sospetta si tratti di un diversivo. E se il diversivo aveva come scopo far passare sotto silenzio il rapimento, bè non credo sia riuscito. Il fatto è che questo vuol dire che ci sono dei poteri forti che si sono legati agli autonomisti siciliani. Poteri che hanno a che fare col petrolio. Un matrimonio d’interessi molto inquietante. -Il sottosegretario annuì. Sì, doveva essere vero. Anche se era dell’idea che mettere a segno un attentato terroristico di portata così impegnativa per usarlo come semplice diversivo mostrava che chi mai fosse stato dietro ai siciliani autonomisti era ben più potente di quanto...- Ho parlato con i medici, Gian Francesco -, riprese con voce ferma il ministro. - Domani potrai essere dimesso. Loro... sono certi che non ci sia nessun problema di salute per te. Il governo ti chiede di andare a Palermo. Visita ufficiale. Agenti dell’Aisi prenderanno contatto con te. Devi essere gli occhi e le orecchie del governo, sia di quello del Sud che di quello centrale. Non possiamo lasciare la cosa in mano ai servizi. -Prosperi non poté credere alle sue orecchie: - Dopo che solo stamattina sono uscito miracolosamente illeso da un attentato.... -- Illeso, appunto, lo hai detto anche tu! -, lo intrappolò Scognamiglio. - C’è bisogno di gente fidata. E c’è bisogno di agire in fretta. Mi conosci, non sono un paranoico. Ma ho l’impressione che i tempi siano stretti. Non ti preoccupare... non ho prenotato nessun volo. Tav diretta fino a Palermo, e ringrazia il Ponte di Messina... sai che non avrei avuto scrupoli, altrimenti, a buttarti sul primo volo pur di farti arrivare il prima possibile.

- E lei sa che non avrei mai accettato. Tutto quel che vuole, ma niente aerei. Sono pur sempre un sottosegretario, non il suo segretario, e ho la mia autonomia checché a lei sembri -, lo rimbrottò Prosperi, incapace di trattenersi.

- Sono tempi oscuri - gli fu risposto.

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Dopo cinque giorni di incontri ufficiali, il sottosegretario Prosperi era stremato. Peggio, gli sembrava di star perdendo tempo. Aveva stretto mani, dato rassicurazioni, garantito impegni, ma per quanto riguardava il suo vero compito non c’erano stati progressi da nessun lato. Il ministro Scognamiglio gli garantiva che da un giorno all’altro quelli dell’Aisi si sarebbero fatti vivi, ma i giorni passavano senza che nessuno bussasse alla porta del suo albergo. Il sesto giorno, stufo dell’atmosfera pesante di Palermo, Prosperi salì sul primo treno per Ragusa deciso ad andare a trovare dei vecchi amici mandando al diavolo tutto quanto. Dopo un’ora, si era già pentito della sua decisione. Aveva sperato che la Sicilia fuori Palermo avesse un colore diverso, ma si era chiaramente sbagliato. Erano quasi dieci anni che non faceva visita all’isola e l’aveva trovata drammaticamente mutata come i telegiornali proclamavano con i loro toni apocalittici. Di verde ormai restavano solo le poltrone dell’espresso Trenitalia, già scolorite tra l’altro dopo appena due anni di servizio sulla nuova tratta Palermo-Ragusa, soliti lavori faraonici andati in malora. Il resto del panorama era sempre lo stesso, anzi peggiore fuori dalla città: all’orizzonte la solita indistinta selva di ciminiere delle raffinerie petrolifere, il grande affare della regione e della sua mafia; il terreno inaridito e sterile testimoniava la desertificazione incipiente che aveva già provocato gravissime crisi idriche in tutta l’isola e tutti i fenomeni di catastrofe ambientale collegati all’aridità. Quella che all’epoca dei greci e dei romani era il polmone verde del Mediterraneo, rifletté cupamente Prosperi, si era trasformato in un inferno o, nel migliore dei casi, uno scenario da far west dove tra i cactus e gli avvoltoi si fronteggiavano terroristi dell’autonomia siciliana, mafiosi riciclati e petrolieri senza scrupoli. Un triangolo di interessi che, ne era certo, stava dietro anche alle vicende di Napoli.