Naturalmente, la figura cruciale è Philip K. Dick, l’autore più interno all’ambiente controculturale californiano e il più critico dei suoi presupposti: uno scetticismo che si rivolge simultaneamente ai miti dell’America e a quelli dell’America alternativa. Il personaggio di Dick (sempre radicato in una rete di rapporti, mai outsider asociale) percepisce un’intima inconsistenza e illusorietà del reale, una manipolazione che pervade tutto. Ma solo sui rapporti interpersonali si può fondare un’etica, scrive Dick anche in articoli e saggi. Né con Nixon né con Tim Leary, sembra dire; il suo doppio rifiuto gli impedisce a volte di dare finali soddisfacenti ai suoi romanzi, ma gli permette (figlio di migranti della Depressione, povero non per scelta) di ricordarci la presenza, anche all’interno dell’America di opposizione, di coloro che non possono permettersi di drop out.  Contro tante mitologie del tempo, in Dick la ricerca solitaria dell’essenza dietro il mondo è la ricerca del potere assoluto, a partire dai  nazisti di La svastica sul sole (1962). Come loro, la droga extraterrestre permette all’arcicapitalista cosmico Palmer Eldritch di sintonizzarsi con l’universo per trasformarlo a sua immagine e somiglianza (Le tre stimmate di Palmer Eldritch, 1964); e il folle Jory in Ubik (1969) nasconde la sua azione predatoria sul mondo «virtuale» (in cui, probabilmente, tutti i personaggi sono già morti) presentandosi come incarnazione dell’entropia. Per lo stesso motivo, quando il bambino autistico di Noi marziani (1964) guarda nel fondo dell’universo, è colpito da una visione d’incubo. Ovunque, nei buffi, grotteschi universi di Dick l’effetto dell’entropia è esemplificato dai rifiuti, il gubbish di Noi marziani o il kipple di Ma gli androidi sognano pecore elettriche?). Come le forze metafisiche, i rifiuti sono pervasivi e incontrollabili, immortali e impersonali, affascinanti ma pericolosi; ma depositari di una dignità possibile.

Agli anni 60 Dick torna nell’ambientazione degli ultimi romanzi, commossi omaggi verso tutta un’epoca: la subcultura della droga in A Scanner Darkly (1974), gli intellettuali scettici come lo stesso autore nell’autobiografico VALIS (1981). In una rievocazione che inizia dalla morte di John Lennon, il più bello e rivelatore fra questi atti d’amore è l’invettiva che Angel Archer, protagonista del non fantascientifico The Transmigration of Timothy Archer (La trasmigrazione di Timothy Archer, 1982) lancia a suo padre, attivista dei diritti civili lanciatosi in un’autodistruttiva ricerca metafisico-religiosa:

Prepara mappe delle costellazioni, prepara oroscopi mentre sta infuriando la guerra più atroce dei tempi moderni. Ti guadagnerai un posto nei libri di storia, il posto dello stupido. Finirai seduto sullo sgabello in un angolo; ti metteranno il cappello a cono; distruggerai tutte le merdate di attivismo sociale che hai ideato assieme ad alcune delle migliori menti del nostro secolo. È per questo che è morto il dottor Martin Luther King Jr. È per questo che hai marciato a Selma… (trad. Vittorio Curtoni).
 

Queste contraddizioni saranno centrali anche in Dhalgren di Samuel R. Delany (1974), l'altro grande omaggio della fantascienza a quegli anni, che radica la sua comune di artisti bohemien in uno spazio metropolitano, tutt'altro che bucolico e forse più in grado di esplorare le nuove tensioni generazionali e sessuali.

 

Attivismo e metafisica, sogni e distruzioni: tutte contraddizioni impossibili da scindere, in Dick e nella controcultura.

La presentazione potrebbe proseguire anche in spazi culturali inaspettati. In architettura, è un immaginario fantascientifico a sostenere i sogni di utopie autosufficienti delle cupole di Buckminster Fuller (il teorico ecologista dell’“Astronave Terra”) e le arcologie di Paolo Soleri. Specularmente, nell’arte visiva la land art, arte della terra, di Robert Smithson, presenta “luoghi/non luoghi”, spazi distrutti, desertificati dalla modernità, di cui è fonte ispiratrice

la SF del disastro di J.G. Ballard (che a sua volta ne trarrà un’influenza nelle opere degli anni 70). Strani scenari un po’ pastorali, un po’ ipertecnologici popolano anche le poesie di Richard Brautigan (All Watched Over by Machines of Loving Grace, 1967), e la musica d’avanguardia di Terry Riley (Rainbow in Curved Air).