Yoshiaki Arata, 85 anni, professore emerito giapponese (uno dei padri del nucleare avanzato nipponico e delle ricerche anche sulla fusione calda), forte nazionalista (in pubblico parla solo giapponese), decorato dall'Imperatore, pare sia riuscito nell'impresa nella quale fallirono Fleishmann e Pons quasi venti anni fa.
Nel 1989 i due scienziati annunciarono la sospetta fusione "in bottiglia" di molecole di deuterio (idrogeno più un neutrone di troppo) dentro un catodo di palladio. Molecole leggere, sospinte per via elettrochimica (un moderato flusso di elettroni nel fluido, dall'anodo al catodo) dentro le strutture esagonali del palladio, fino a intrappolarsi in massa, collidere, premere l'una sull'altra, fino a pressioni spontanee di milioni di atmosfere, quindi spaccare i propri nuclei, emettere calore, tramutarsi infine in Elio-4. Una fusione nucleare ottenuta senza mostruosi toroidi ad altissima energia (tipo Iter), come nelle stelle. Bensì dentro una modesta bottiglia, con un po' di acqua pesante (deuterio) e con un particolare metallo raro. Senza radiazioni e con la produzione finale di un gas inerte, l'elio, utile per gonfiare i palloncini.
In realtà Fleishmann e Pons non riuscirono mai a riprodurre in modo deterministico, se non per casi fortuiti, quel risultato straordinario, che avrebbe cambiato per sempre la storia della civiltà umana.
Insieme ai loro seguaci, furono sostanzialmente accusati di essere due cialtroni truffaldini, venendo completamente emarginati dalla comunità scientifica.
Partendo proprio da quel fallimento Arata aveva infatti deciso di accantonare la via elettrochimica per la fusione a bassa energia. La sua idea era quella di spingere, a forza di varie atmosfere, il deuterio dentro nanoparticelle di palladio, fino ad ottenere lo stesso iper-affollamento, la stessa vertiginosa crescita di pressione, la fusione e il calore.
Arata ha mostrato pubblicamente il suo reattore in funzione, che, con soli pochi grammi di palladio ha mosso un motore a pistoni. Un reattore in parte realizzato anche con le idee di Francesco Celani e del suo gruppo di Frascati-Infn, il secondo laboratorio al mondo attivo basato sulle teorie di Arata.
La prova è stata compiuta facendo diffondere Deuterio gassoso su una matrice a struttura nanometrica di 7 grammi composta per 35% di palladio e per il 65% di ossido di zirconio alla pressione di 50 atmosfere. Il calore, prodotto fin dall'inizio, e cioè in concomitanza dell'immissione del Deuterio, ha azionato un motore termico che si è messo in moto cominciando a girare.
Dopo circa un'ora e mezzo l'esperimento è stato interrotto per effettuare le misure della presenza di Elio-4 a testimonianza dell'avvenuta fusione. Non sono state evidenziate emissioni di origine nucleare pericolose ( l'elio-4 è inerte). L'energia riscontrata è stata circa di 100.000 Joule, equivalente grosso modo a quella necessaria per riscaldare di 25 gradi un litro di acqua, proporzionata alla modesta quantità della matrice nanometrica, 7 grammi.
Nei prossimi giorni Arata ci proverà non con 7 ma con 60 grammi di palladio e conta di avere centinaia di watt termici di guadagno. Abbastanza da illuminare una casa, per mesi, forse con una bomboletta pressurizzata da un compressore da frigo. Ma il dato più importante di oggi, è aver inequivocabilmente mostrato, di fronte a importanti giornalisti scientifici, la produzione, dentro gli esagoni di palladio, di consistenti quantità di elio 4, a prova dell'avvenuta fusione nucleare e della trasmutazione del deuterio. Al punto che gli astanti hanno coniato il termine di "Arata Phenomenon".
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