The Games Machine è uno dei mensili storici nel panorama dell'editoria italiana specializzata nei videogiochi. Nei suoi oltre diciannove anni di vita ha accompagnato i lettori durante l'intera evoluzione del gaming, attraverso le prime console e gli home computer, come il leggendario Commodore 64, fino ad arrivare alle superconsole dei giorni nostri e ai PC più "moddati" che la comunità di appassionati riesca a immaginare. Il tutto sempre abbinando la competenza e la serietà giornalistica alla passione dei suoi redattori, indispensabile nel momento in cui si tratta una materia che ha molto a che vedere con il sogno fanciullesco del gioco.
Mantenendo un'attenzione sempre viva nei confronti delle tendenze dell'industria videoludica, TGM non poteva non avere un occhio di riguardo verso i giochi di ambientazione fantastica e fantascientifica, numerosi fin dai tempi del primo Space Invaders. Questa viene confermata nel numero di maggio della rivista, attualmente in edicola, che presenta un interessante saggio critico curato da Mario Baccigalupi sul rapporto tra ucronia e videogiochi. Per quei pochi che non lo sapessero, con il termine ucronia si intende quel genere di storie fantascientifiche ambientate in realtà alternative, nelle quali la Storia ha subito delle radicali modifiche rispetto a come noi la conosciamo. Fulgido esempio di romanzo ucronico è The man in the high castle, opera ultrafamosa di P.K. Dick, a cui sono seguiti molti altri dalle alterne fortune (per l'Italia si può citare tra i tanti il ciclo di Occidente di Mario Farneti). Nell'articolo Baccigalupi parte da una semplice ma interessante constatazione: i videogiochi, con i loro sistemi di salvataggio e ricarica di una partita, costituiscono dei veri e propri "generatori" di universi alternativi.
Ricaricare una partita salvata consente al giocatore di rivivere gli stessi eventi in modo diverso, ovviamente in funzione dei gradi di libertà concessi dal gioco, introducento nello stesso quello che viene denominato punto di svolta. Nei casi più eclatanti, il rewriting delle azioni di gioco può portare a modifiche anche radicali della conclusione del gioco stesso, come è nel caso degli strategici. L'articolo passa poi all'analisi di come i temi ucronici siano stati affrontati dal mondo videoludico, partendo da quelli più sfruttati come la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda. Nel campo dei giochi d'azione e dei first person shooter, che privilegiano il punto di vista del giocatore, esemplari sono i casi del recente Turning Point: Fall of Liberty, nel quale si parte dalla morte prematura di Winston Churchill per arrivare alla sanguinosa invasione nazista di New York, e dell'appena meno recente Freedom Fighters, in cui stavolta sono le armate sovietiche a invadere il territorio americano. Interessante variazione sul tema la si ha in Iron Storm, fps dall'accurata costruzione storica (un po' meno quella tecnica) nel quale si immagina che la Prima Guerra Mondiale si sia protratta fino agli anni sessanta, mentre nell'appena uscito Timeshift l'ucronia prende i colori della distopia, e la manipolazione temporale diventa elemento strutturale del gameplay.
Ma è nel campo degli strategici, in tempo reale o a turni, che le meccaniche del punto di svolta si esplicano con maggiore ampiezza. Da World of Conflict, in cui si immagina che l'escalation tra USA e URSS abbia portato a un conflitto con armi convenzionali nel 1988, a Codename Panzer: Cold War, in cui il precipitare della crisi di Berlino del 1948 porta a una totale riscrittura della storia del ventesimo secolo, fino all'imminente War Front: Turning Point, nel quale la morte di Hitler non mette fine alla guerra ma anzi, rafforza e razionalizza la guerra nazista con una pesante influenza anche sulla tecnologia utilizzata. Da queste operazioni ucroniche, di ampio respiro ma pur sempre inserite in un contesto noto, si arriva poi all'intera riscrittura degli scenari mondiali, come nel caso della serie Command & Conquer, per terminare con le potenzialità praticamente infinite di reinvenzione della storia di giochi come Civilization e Empire Earth, in cui l'universo alternativo generato da ogni singola partita è per definizione diverso da qualunque altro generato da qualunque altro giocatore al mondo. A dimostrare che quando l'ucronia diventa interattiva ognuno di noi può diventare un piccolo Dick, e scrivere nel proprio romanzo la personale versione del mondo.
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