Una delle più affettuose ispirazioni per Indiana Jones sono le avventure a fumetti di Zio Paperone, Paperino e i nipotini scritte e disegnate per Walt Disney dal geniale Carl Barks: lo stesso George Lucas l’ha ammesso in un’introduzione alla raccolta Uncle Scrooge McDuck: His Life and Times. In particolare, il famoso masso che rotola alle spalle di Indy nel primo film I predatori dell’Arca perduta (1981) è un evidente omaggio alla storia nota come The Seven Cities of Cibola (apparsa in originale nell’albo “Uncle Scrooge” n.7, 1954), in cui la Banda Bassotti rimuove la statuetta di un idolo dal suo piedestallo e fa scattare un meccanismo che rilascia una palla gigante sopra di loro. Edward Summer, curatore dell’antologia citata, ha avuto conferma diretta da Lucas sull’impressione che la storia fece al giovane regista quando aveva 10 anni. L’episodio è il primo esempio di “caccia del tesoro” disneyana, ripetuta lungo i decenni in centinaia di avventure realizzate in ogni parte del mondo – Italia compresa, dove Le sette città di Cibola è stata tradotta e ristampata più volte, fino alla collana La grande dinastia dei Paperi con tutte le storie di Barks allegata al “Corriere della Sera” in 41 volumi dallo scorso gennaio al prossimo ottobre).
In una “chiusura del cerchio” comunissima nella letteratura popolare (a maggior ragione per un eroe nato come quintessenza dei predecessori), lungo i decenni il personaggio nato sul grande schermo è apparso in decine di fumetti “ufficiali” – spesso divertenti, a volte accattivanti, raramente capolavori – per una manciata di editori, a cui hanno fatto sèguito inevitabili epigoni e citazioni, di cui per ovvie ragioni di spazio segnaliamo soltanto i più interessanti.
Anzitutto, ci sono gli adattamenti delle sceneggiature cinematografiche. Per queste vale in gran parte quanto si può dire del fenomeno delle novelizzazioni (nato già negli anni Venti), se non di più: qualità altalenante e fortemente condizionata dal seguire pedissequamente la trama originale, con pochi guizzi creativi e inutili “scimmiottamenti” del linguaggio cinematografico (perdenti in partenza), anziché utilizzare l’estrema versatilità dei codici linguistici del fumetto per fornire un altro punto di vista delle stessa storia raccontata su pellicole. Anche le avventure più famose di Indiana Jones nella loro rinarrazione a nuvolette risultano senza infamia e senza lode, pur dando modo di rivedere gli amati protagonisti su carta e prolungarne il piacere della visione. In questo filone rientrano quindi Raiders of the Lost Ark con testi di Walt Simonson, disegni di John Buscema e chine di Klaus Janson (in Italia apparso come Raiders: I predatori dell’Arca perduta, su “Speciale Film” n.2 della scomparsa Euredit), Indiana Jones and the Temple of Doom con testi di David Michelinie (da noi Indiana Jones e il tempio maledetto, un albo L’Isola Trovata), Indiana Jones and the Last Crusade ancora con testi di David Michelinie (Indiana Jones e l’ultima crociata, Suppl. a “Balboa” n.6 della Play Press), nonché il prossimo Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull con testi di John Jackson Miller e disegni di Luke Ross.
A cavallo del secondo film, per oltre tre anni Indiana Jones vive “ulteriori avventure” da titolare della serie a fumetti The Further Adventures of Indiana Jones, 34 albi editi dalla Marvel Comics tra il 1983 il 1986, importati quasi interamente dalle Edizioni L’Isola Trovata di Sergio Bonelli, con (belle) copertine inedite di Enea Riboldi. Le prime vantano testi di John Byrne e Dennis O’Neil, Archie Goodwin e David Michelinie, nonché disegni di Terry Austin, Ron Frenz, Howard Chaykin e Terry Gammill tra gli altri, ma la qualità complessiva è a malapena decente: diverte più che altro rivedere l’archeologo-docente-playboy in giro per il globo con i suoi compagni di avventure.
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