In questa ricca stagione della fantascienza francese intorno ai decenni 1860-1880, l’autore più interessante, l’unico che godette di una fama pari a quella di Verne, fu Albert Robida, e questo grazie alla sua capacità satirica e alla sua abilità come illustratore. L’illustrazione fantastica aveva già avuto un grande precursore in “Grandville” (pseudonimo di Jean-Ignace-Isidore Gérard, 1803-1847). La sua opera più significativa, Un altro mondo (1843), contiene un’enorme quantità di spunti caricaturali, surrealistici e ironici. Li porterà avanti, quarant’anni più tardi Robida.
Albert Robida è nato a Compiègne il 14 marzo 1848 e morto a Neuilly-sur-Seine l'11 ottobre 1926. Iniziò come illustratore di classici e in vari anni illustrò parecchie decine di opere; famoso per esempio il suo Rabelais. In maturità si dedicò poi a una lunga serie di volumi

In quegli anni – i primi anni 1880 – un po’ per seguire la moda dell’epoca, la guerra del futuro, un po’ per ironizzare su Verne – rivolge la sua ironia sulle aspettative di futuri progressi, scrivendo e disegnando alcune opere molto significative come Il XX secolo (1884) e la Vita elettrica (1890). Anche ora l’ironia ha del surreale: palloni volanti dalle forme più assurde, confusione anche del traffico volante, assurde mescolanze tra villette finto medievali e macchine volanti.
Il limite e la forza di questa produzione di Robida stanno nel suo occhio “minimalista”: gli sviluppi idioti del teatro e dell’insegnamento, i guai del videotelefono e della distribuzione. Invano si cercherebbe come in Wells una teoria politica. Del resto, dopo gli anni di Napoleone III e con quelli della repubblica, allora non occorreva molto per apprezzare l’anarchia. Sotto questo aspetto di presenza o assenza di rigore, la sua opera più rigorosa è La guerra Fatale, in collaborazione con Giffard, una lunghissima storia di una guerra mondiale tra Europa e Asia.
Una conferma della fondamentale anarchia di Robida si trova in Saturnino Farandola (1879), che è la sua opera più tumultuosa. Opera che rientra nel filone dei viaggi straordinari di Verne, perde ogni legame con la realtà che caratterizza ancora la produzione verniana e presenta avventure a ruota libera, nelle zone più esotiche del Sudest asiatico. Pirati, palombari (anche il mare è un luogo esotico), elefanti sacri, russi baffuti e impellicciati, ce n’è per tutti. Come si è detto, questo ironizzare su tutto e tutti diventa un po’ un suo limite, ma nessuno ha saputo esprimere meglio di lui la confusione che da un secolo e mezzo – se non di più – continua a circondarci.
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