Con la cosiddetta "nuova generazione" di console si è assistito a un consistente miglioramento tecnico grazie a texture fotorealistiche e motori fisici da "meleto di Newton", senza però un effettivo rinnovamento del lato gameplay, ovvero della struttura, del modo di concepire ciò che c'è da giocare.

A questo rimedia Portal. Difficilmente si potrebbe classificare altrimenti questo coraggioso esperimento inserito da Valve all'interno dell'Orange Box insieme a Half Life 2: Episode 2 e Team Fortress 2. Si potrebbe recensire questo cofanetto parlando dei tre giochi insieme, dei punti che hanno in comune (motore, ambientazione ecc...), delle loro differenze o della loro inferiorità tecnica rispetto ad alcuni degli ultimissimi titoli sugli scaffali, ma ciò sarebbe un errore, poiché era dai tempi di Pac-Man che non si vedeva una simile innovazione in ambito di gameplay. Quale sarebbe? È presto detto.

Calati nei panni di Chell, (presumibilmente ultima) cavia umana presso lo stabilimento della Aperture Science, ci troveremo presto a girovagare fra gli asettici corridoi guidati dall'indescrivibile voce di GLaDOS (acronimo di Genetic Lifeform and Disk Operating System) alla risoluzione di rompicapo a blocchi e pulsanti tramite l'uso della Portal Gun, unica arma utilizzabile nel gioco in grado di creare (su muri o pareti) due portali collegati fra loro nei quali è possibile entrare, uscire, trasportare oggetti o saltare dall'uno all'altro conservando la quantità di moto accumulata, per esempio, da una caduta. Il concetto è semplice, come in Pac-Man (appunto) si sparisce da una parete per ricomparire in un alta. Ma come ogni episodio di Half Life, Valve serve il gameplay accompagnato da un contorno immersivo, indefinito e coinvolgente, un'ambientazione fatta di corridoi claustrofobici, stanze vuote, muri imbrattati di scritte dalle precedenti cavie e percorsi sotterranei che rievocano un'atmosfera di inquietudine simile a quella dei vecchi Wolfenstein o Doom.

La vera ciliegina è l'inquietante, melodica "voce" delle torrette (unici nemici nel gioco) o di GLaDOS stessa, la quale accompagna (in un inglese meravigliosamente campionato) ogni frangente di gioco minacciando o incoraggiando l'azione con la promessa di una torta (!) fin dopo lo scontro finale, ovvero sino ai titoli di coda dove, oltre ai nomi degli sviluppatori, scorre (o meglio si edita) il testo della canzone Still Alive (di Jonathan Coulton) cantata dalla stessa GLaDOS (voce di Ellen McLain) accompagnata da disegni in stile "Blocco Note".

Il tutto si chiude con una scena degna del miglior incubo alla Kubrick incomprensibile per chi non ha giocato e vissuto in prima persona (del resto il motore è quello di Half Life 2) l'imperdibile esperienza (purtroppo non così longeva) di Portal.