La IV di copertina recita: "Una grande satira sul futuro degli Stati Uniti e del capitalismo globale. In questo romanzo di idee e sentimenti politici, Sterling immagina un mondo possibile che è frutto dell'attuale stato delle cose, della nostra tecnologia, dello sviluppo della rete, dell'abuso dell'ambiente, del declino delle ideologie. Caos Usa si propone come modello esemplare di una narrativa d'anticipazione che voglia essere anche un discorso profondo e impegnato sul nostro presente."
Personalmente sono un forte estimatore di Sterling. L'ho sempre trovato ricchissimo di idee e molto più leggibile (nel senso di "scorrevole") di un Gibson, per esempio; inoltre ritengo che sia uno dei migliori autori di racconti dell'intera fantascienza. Tuttavia il mio personale giudizio su Caos Usa non è, nell'insieme, positivo. Il pregio maggiore del romanzo è la sua capacità di presentare uno scenario futuro (che l'autore situa negli anni 2042-44) assolutamente plausibile e consequenziale, con alcune intuizioni a mio avviso geniali. Credo che il libro rientri nel filone cyber in misura davvero minima; è per esempio assente il tipico ambiente metropolitano claustrofobico e ossessivamente telematizzato. Da questo punto di vista Caos Usa può essere assimilato maggiormente - per il modo in cui lo scenario viene proposto e gradualmente spiegato - a un romanzo d'anticipazione degli anni '50, con venature didattiche (si vedano certi lunghi, lunghi dialoghi) che definirei addirittura verniane. In questo futuro, effetto serra e Ogm sono entrambi cresciuti in modo traumatico (per lo scioglimento dei ghiacci le isole "affondano"; l'Olanda è praticamente sommersa), ma la faccenda non preoccupa poi tanto; l'Aids è stato molto ridimensionato. Gli Stati Uniti hanno perso le leadership mondiale (lo ha perso anche la cultura bianca, definita anglo) e il loro tessuto politico e sociale si sta disgregando. I fondi federali per le basi militari scarseggiano, al punto che l'aeronautica militare forma blocchi stradali per raccogliere fondi dagli automobilisti (in realtà per depredarli); la diserzione dilaga. Vaste fasce della popolazione sono divenute tribù nomadi. Trionfa una tecnologia digitale a basso costo, tutti spiano tutti e si possono trovare microspie nel tessuto dei vestiti o nei tacchi delle scarpe; i Cinesi hanno usato le loro reti satellitari per rendere universalmente disponibili tutte le proprietà intellettuali americane (software incluso), mandando gli Usa in bancarotta, e impedendo ogni reale progresso per l'informatica. La corruzione è istituzionalizzata; le reti elettroniche in realtà hanno svuotato di senso il vecchio ordinamento ma non sono riuscite a crearne un altro. Nelle città, interi rioni si sono autoproclamati proprietà privata e si sono recintati. E intere città si sono defilate, o si sono vendute a tribù o comunità di nomadi, basate su reti informatiche. Tribù di prolet si radunano allegramente lì dove l'autorità risulta indebolita; esse sfruttano le manchevolezze infrastrutturali della società e sono nemiche temibili. Gruppi del genere si rifugiano, per esempio, nelle aree ecologicamente disastrate della Louisiana, dove decenni di selvaggia crescita subtropicale e di discariche tossiche hanno reso la regione "impenetrabile come la foresta di Sherwood". Con l'avvento delle reti anche il sistema fiscale è andato a pallino; e il paese si ritrova due governi nazionali: da un lato quello legale, dall'altro le decisioni isteriche delle cricche di politicanti; i governatori più aggressivi hanno alle loro dipendenze guerriglieri. "La politica non funziona più: il sistema è così complesso che ormai il suo comportamento è praticamente casuale".
Su una diversa sponda, la cooperazione non violenta ha raggiunto livelli strategici e tattici incredibili. Si sperimentano nuove forme di economia basate sullo scambio e su punteggi assegnati a ciascuno sulla base della propria disponibilità nei confronti degli altri. Come dice un personaggio, "l'economia è fuori controllo. Il denaro non ha più bisogno degli esseri umani. La maggior parte sono soprattutto d'impiccio".
Dismessa ogni ambizione, la vecchia tecnologia spaziale ha lasciato un'eredità di nuovi materiali dalla resistenza e versatilità eccezionali e che vengono usati per creare baraccopoli nelle campagne, o nelle vie di Washington. "Quando funzionava, il socialismo digitale era considerevolmente più economico e conveniente della proprietà privata", commenta un personaggio.
Spero che questi accenni presi a caso diano un'idea delle estrapolazioni sociali di Sterling. Quanto alla trama vera e propria del romanzo, be', siamo al punctum dolens, nel senso che una trama vera e propria non c'è. O meglio: seguiamo le intricate situazioni del protagonista, il ventottenne Oscar Valparaiso, nato da una clonazione ("non ho neanche un compleanno"), genio della organizzazione di campagne elettorali. Dopo essere riuscito a far brillantemente eleggere il senatore Alcott Bambakias, Oscar conosce Greta Penninger, specialista in nuove scienze cognitive e che diverrà sua amante. Il sogno di Oscar è riportare l'America alla dignità, alla libertà e al ruolo primario che le spetta, il che dovrebbe avvenire anche ridando fiato alla ricerca scientifica, una ricerca svolta nel segno della lungimiranza e senza lacci che la ostacolino inutilmente. La narrazione raramente ha per teatro le città americane; per la maggior parte essa si snoda lontano dai grandi centri, nel chiuso di un enorme laboratorio di ricerche, il Collaboratorio nazionale di Buna, nel quale Oscar riuscirà con le sue manovre a far eleggere Greta presidentessa; o negli acquitrini della Louisiana, o all'aperto fra le tribù dei prolet. Oscar è un individuo molto determinato e di minimi scrupoli che non esita a usare a suo modo donne, senatori, e lo stesso Presidente degli Usa per realizzare il suo scopo. Fra attentati, ripensamenti, brillanti intuizioni, sconfitte, tradimenti, accade anche che il nuovo Presidente degli Usa per motivi di propaganda dichiari guerra all'Olanda, e la vinca senza batter ciglio, dal momento che l'Olanda non solo non reagisce quanto invita allegramente gli "invasori" sul proprio suolo (o meglio, sul proprio mare). Il finale è "aperto", ma lascia intuire che Oscar e Greta - divenuti entrambi una sorta di superumani mutanti a causa di un gas nervino - sono sulla buona strada.
Ciò, peraltro, accade dopo oltre cinquecento fittissime pagine, molte delle quali sono purtroppo di una lungaggine e inutilità - ai fini narrativi - a mio avviso assolutamente estenuante. In Italia, i gestori del mercato editoriale insistono nel richiedere agli scrittori romanzi che abbiano colpi di scena dopo 20 o 50 pagine, che siano ricchi di movimento, azione, plot, personaggi caratterizzati, scenari rutilanti, finali eclatanti, e così via. Caos Usa è la perfetta antitesi di tutto questo. Per le prima 100 pagine non succede assolutamente nulla, e immagino che a quel punto il lettore prosegua per pura fiducia verso Sterling, se lo conosce già. Ma anche dopo le cento pagine, le "azioni" latitano e ci ritroviamo davanti a situazioni personali che si attorcigliano minuziosamente su se stesse come in una telenovela, o a lunghissimi dialoghi esplicativi, se non didascalici. Da pagina 400 (circa), invece, il libro muta all'improvviso stile per un bel pezzo: diviene una specie di riassunto di riassunto di tali e tanti eventi, al punto se ne potrebbero trarre altri libri. Forse l'autore (è solo una mia idea, ovvio) si è accorto di aver scritto già molto, e ha deciso di "condensare" per non raddoppiare la mole del testo. Quanto poi alla satira politica, c'è fino a un certo punto, anzi non sempre mi è parso chiaro dove vi sia satira e dove si parli sul serio. Per esempio, la mia impressione è che le estenuanti tirate di Oscar e dei vari personaggi sulla trascorsa grandezza degli States e sulla necessità di recuperarla a tutti i costi siano tutt'altro che satiriche; per non dire del "modo" in cui tutto ciò si vorrebbe realizzare. Qui francamente, cioè sul piano delle idee politiche, a mio parere il libro tocca il suo momento meno interessante e plausibile. Ma è questione di gusti.
A quanto ho letto da qualche parte, Sterling volutamente porrebbe le trame dei suoi romanzi in seconda linea. E' indiscutibilmente una scelta accettabile. Solo che occorre essere ancora più bravi; immagino - ad esempio - Pynchon, De Lillo, un certo Vonnegut, perfino alcuni romanzi di Dick. Sterling è all'altezza, specie se "spara" 500 pagine fitte?
Per terminare, elenco un minimo campionario di trovate tecnologiche, l'aspetto che essenzialmente mi ha interessato in questo libro, unitamente a certe estrapolazioni sul mondo a venire. Orologi neurali, basati su sezioni di cervelli di topi che presiedono alla cognizione dello scorrere del tempo biologico; batterie biologiche "a zucchero" per autovetture, ottenute clonando il mitocondrio - la centrale elettrica della cellula - e facendolo crescere a dismisura; le esilaranti... "bombe al piscio" dei prolet, con un timer costruito con chicchi di grano manipolati geneticamente ("una volta che vengono immersi in acqua calda, i semi germogliano. Rompono una membrana interna e poi la carica esplode"). Piccoli velivoli dall'aria fragile, cui ci si appende con una imbracatura e che si muovono nell'aria come messaggi di posta elettronica: sfruttano migliaia di letture radar Doppler, seguono percorsi tortuosi, seguono "correnti calde e di wind shear, dirigendosi a destinazione con la stolida ostinazione di un pacchetto di rete". E per finire, carrozzerie d'auto costruite dai coreani con paglia e carta, che suscitano la patriottica indignazione di un personaggio: "Come fa a sopravvivere un'industria quando un'auto costa meno di un sacchetto di carta? Qui è in gioco una grande tradizione americana! L'automobile definisce l'America: la catena di montaggio, i drive in, le macchine truccate, la periferia, il sesso adolescenziale, tutto ciò che rende grande l'America! I prolet costruiranno auto ricavandole dai rifiuti e le assembleranno nei cortili posteriori delle loro case... Saremo tutti condannati".
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