Non più compressione. Ma interpretazione. Virtualizzazione dei suoni.
Questo è il nuovo corso per la musica in formato digitale annunciato dagli studiosi Mark Bocko, professore in progettazione elettrica e computer – assistito, in questo lavoro, da Xiaoxiao Dong e da Mark Sterling - dell’università di Rochester, negli USA.
Un suono di clarinetto da 20 secondi adesso, anziché occupare megabyte in mp3 avrà bisogno soltanto di un solo kilobyte; significa che non si registrerà più il suono originario su supporto digitale, ma che ci si limiterà soltanto a istruire l’elaboratore così da riprodurre la dinamica di un determinato strumento. Sarà, in altre parole, un po’ come redigere un itinerario avendo presente soltanto le coordinate della longitudine, della latitudine e delle caratteristiche del territorio – un po’ come fanno gli attuali navigatori satellitari presenti su molte auto, che non hanno al loro interno immagini statiche dei luoghi, ma soltanto dati scarni che li rappresentano.
Quindi, basterà definire le caratteristiche armoniche e fonetiche del clarinetto, per esempio, e dire al computer che si vuole eseguire una certa sequenza di note con quel determinato strumento virtuale; la macchina prenderà i dati scarni del territorio – pardon, dei suoni prodotti dallo strumento – e traccerà i percorsi – ovvero le armonie – richiesti. Il tutto nello spazio di un kilobyte, laddove prima ne occorrevano, ripeto, parecchie centinaia di migliaia.
Se prima si amava dire la mappa non è il territorio, ora cosa si potrà dire della musica che adoriamo ascoltare? Che il suono non è l’umore rappresentato?
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