La clonazione, spinta ai suoi estremi più improbabili (anche se più stuzzicanti dal punto di vista narrativo), vale a dire il sogno di creare copie perfette di esseri umani, è il motore del romanzo di Walter J. Williams, La voce del vortice.
La biotecnologia abbinata alla registrazione della memoria garantisce la creazione di esseri "identici", tanto che il ramo assicurativo vita ha subito una trasformazione radicale. Per tutelarsi è possibile stipulare come premio una seconda nascita, che in realtà è una continuazione dell'esistenza, una specie di immortalità.
Williams cerca di seminarci in un futuro labirintico dominato da "policorporazioni", che più semplicemente sono aziende multinazionali ed extraplanetarie in perenne lotta per assicurarsi fette di mercato e mezzi di produzione attraverso la strategia politica, le innovazioni tecnologiche e quando occorre con le armi. In quest'ottica si tratta di organizzazioni che hanno assunto le caratteristiche degli stati nazionali con tanto di basi e personale proprio, alcune sono specializzate in discipline scientifiche e tecniche e sono a disposizione del miglior offerente, altre, più ambiziose, lottano per la supremazia e guardano con ansia alle immense possibilità offerte dal cosmo.
Protagonista è Stu Beta, un clone fortemente segnato dalle ossessioni del suo "originale", anche perché questo è stato ucciso e la memoria che i tecnici gli hanno fornito non è stata aggiornata, all'appello mancano diversi mesi. Il desiderio di recuperare questa "fetta di vita" mancante lo spinge a seguire le orme del suo predecessore, espiando così le sue colpe, riparando agli errori commessi e compiendone di nuovi.
La clonazione per Williams è una sorta di seconda occasione, la possibilità di "raddrizzare" un karma avverso sciogliendo i nodi di un esistenza costellata da traumi e violenze. Forse preso da quest'idea di fondo, l'autore non ci propone un'opera particolarmente approfondita in ambientazioni e psicologia.
L'idea del futuro di Williams non appare granché studiata, per quanto faccia accenno a modelli socio economici come le policorporazioni e le sette, affronti con facilità il tema degli esperimenti genetici, si conceda spruzzate di cyberpunk sotto forma di innesti e varie chirurgie di potenziamento e azzardi pure qualche escursione nel mondo della moda.
A volte c'è da sorridere, come nell'episodio del pirataggio informatico: nel 21nesimo secolo si viaggia su navi interstellari, ma i computer parlano qualcosa di tremendamente simile al Dos. Anche la disciplina zen che permea le azioni del protagonista è un po' all'acqua di rose. Si comprende, ma alla fine, che Beta vive una sorta di predestinazione: il suo compito è riparare i torti, una specie di angelo aggiustatore. Alla luce della legge karmica il suo operato acquista un altro significato, peccato che l'argomento sia solo sfiorato. Williams si dimostra abile nel cucire tutta una serie di vividi ritagli di ciò che "va per la maggiore", il risultato però è un po' freddo e accettare questo mondo richiede una buona dose di ciò che gli inglesi chiamano "suspencion of disbelief", la sospensione dell'incredulità.
Ci troviamo, in sostanza, di fronte ad un'avventurosa spy story farcita di astronavi "diesel", informatica, complotti extraplanetari e potenti alieni quadrupedi. I drammi esistenziali, che potrebbero fioccare in una situazione tanto contraddittoria, colorano blandamente la vicenda. Nonostante i motivi di interesse nella storia non siano pochi e la lettura sia scorrevole, "La voce del vortice" è un'occasione non pienamente còlta, ma chissà, forse proprio ora un clone di Williams...
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