Vagamente spaventoso e decisamente incongruente, Final destination racconta la storia di un gruppo di liceali americani che scampati grazie ad una strana premonizione ad un disastro aereo, vengono perseguitati dalla morte che vuole riparare all'errore di esserli lasciati sfuggire la prima volta. Il problema è che ­ come spesso capita quando si vuole razionalizzare al massimo uno dei grandi enigmi dell'esistenza - attribuendo alla morte una coscienza meccanica, il terrore si trasforma lentamente in ridicolo. Soprattutto, perché non si capisce come e perché la nera signora si sia lasciata scappare la prima volta questi ragazzetti nemmeno troppo simpatici. Senza poesia, senza gli ingredienti sexy e i riferimenti cinematografici che hanno fatto la fortuna di Wes Craven, Final destination tratta la morte, come un artificio meccanico su cui formulare ipotesi azzardate, rivelatesi ­ udite, udite - probabilmente sbagliate in un finale tirato per i capelli. Un film mediocre che nonostante i toni enfatici, è afflitto da una trama troppo esile, che si scontra inesorabilmente con una realtà quotidiana per tutti noi molto più spaventosa della mera finzione cinematografica.