Cloverfield è un miracolo.
Non si tratta di un eufemismo o di un'iperbole. E' un miracolo 'vero' di quelli che al cinema accadono sempre meno spesso in un mondo produttivo dove un film è considerato un prodotto che deve essere 'alterato' per andare incontro ai gusti di un fantomatico quanto vastissimo pubblico.
Ed è un miracolo, soprattutto, perché rispetta un'unità stilistica e narrativa perfetta, dove tutto accade come e perché si presume possa e debba accadere.
Un film riuscito, intelligente, brillante che fonde alla perfezione i generi, dalla fantascienza all'horror, raccontando, addirittura, una struggente storia d'amore, ridotta a frammenti di nastro preregistrato su una videocassetta finita in mano al governo americano.
Cloverfield è un film che pur reintepretando in maniera del tutto nuova il genere dei 'Monster Movies', mantiene intatta una propria freschezza e originalità in un brillante crescendo di trovate e di situazioni intriganti in cui lo stile visivo narrativo coincide con una rilettura non solo del genere cinematografico, ma anche delle emozioni di trovarsi in situazioni impreviste e straordinarie.
Una pellicola che pur brillando per una caratterizzazione fortemente glamour (begli attori, belle attrici, belle ambientazioni) sfugge alla catalogazioni proprio in virtù di un'imprevedibilità, modellata su tanto cinema SFX molto classico.
In Cloverfield, infatti, non c'è nessuno che in maniera sarcastica spieghi per filo e per segno quello che sta accadendo. Tutto è frammentario, improvviso, violento, inspiegabile, letale. Il punto di vista è quello di persone qualunque alle prese con qualcosa che assomiglia alla fine del mondo e che - come dice un soldato in una scena - 'qualsiasi cosa sia, sta vincendo'. Una produzione nuova, tutt'altro che banale figlia delle suggestioni della nostra modernità e - soprattutto - post 11 settembre.
Quando la città è scossa dal primo impatto, New York risponde in maniera pronta, rassegnata, dinamica. L'ingenuità di tanto cinema del passato non c'è più e tutti scendono in strada, più per tentare di salvare la pelle che per venderla a caro prezzo. Sono passati dieci anni da Independence Day e lo stupore e l'ottimismo inguaribile di quel film non ci sono più.
Le ferite inflitte dalla storia si sentono e non l'esercito il protagonista, bensì un gruppo di ragazzi alle prese con il lavoro e i problemi del cuore che celebrano la festa di un amico che parte. Una videocamera è accesa da tutta la sera. Scopriamo Rob e i suoi amici e veniamo a sapere che lui partirà per il Giappone, lasciando a Manhattan la sua ragazza di sempre. Quella che - all'inizio del nastro - ci racconta di non essere mai stata a Coney Island e di cui vedremo le immagini in momenti diversi. In quelli di felicità con il suo ragazzo e quelli drammatici, quando ferita, viene salvata dagli amici che la raggiungono nel suo appartamento al trentanovesimo piano di un palazzo piegato su se stesso.
Niente campilunghi, pochi aerei, nessuna bandiera. Le riprese, dal basso, sono quelle della stessa videocamera che doveva documentare la festa e che, invece, un po' per gioco, un po' a sorpresa, serve a filmare, passo passo, una notte assurda in cui la città si sgretola sotto l'attacco di un mostro orrendo. Quello che noi stiamo vedendo è tutto quello che è inciso sul nasto della videocassetta, acquisita dal governo come un documento di una giornata destinata a rimanere nella storia.
Con riprese che ricordano inevitabilmente i reality shows, così come i documentari, con un'idea che potrebbe ricordare quella del Blair Witch Project, Cloverfield 'documenta' l'attacco di New York da parte di una creatura aliena, in un contesto disperato e violentissimo.
Tutto questo con la produzione che, fino alla fine, resta fedele alla scelta artistica e narrativa che caratterizza il film dal principio. Come dire: la fine è quella giusta e perfetta per una pellicola così intelligente e piena di sorprese.
E' soprattutto la frammentarietà dell'azione a conquistare lo spettatore.
Il pubblico viene inchiodato alla poltrona dai colpi di scena e dai tanti motivi di spavento. Oltre alla spettacolare distruzione della Statua della Libertà che rotola in mezzo alla strada, oltre al Crollo del Ponte di Brooklyn il momento più spaventoso è dato dal tentativo di fuga nei tunnel della Metropolitana, dove i topi rappresenteranno il minore dei problemi per il gruppo di ragazzi e ragazze.
Veloce, ritmato e senza una sbavatura, il film non si perde in chiacchiere e in momenti melensi. Tutto ha un senso e tutto accade per un motivo, con una consapevolezza. Questo è uno dei primi film SFX del ventunesimo secolo in cui la rilettura dei temi va di pari passo con una ricerca di innovazione stilistica intrigante e sofisticata nella sua semplicità.
Una sorpresa straordinaria cui, come ciliegina sulla torta, è legato il primo trailer del nuovo film di Star Trek che sembra, anche quello, promettere molto bene.
Alla fine ci toccherà perfino pregare per la salute di J.J.Abrams, l'unico produttore e regista che sembra sapere, in questo momento, quale sia la vera fantascienza per il futuro del cinema: quella che non si compromette artisticamente con le esigenze di marketing e che risulta sempre intelligente e innovativa. Soprattutto quella fantascienza cinematografica che fonda la sua forza sulle buone idee raccontate attraverso uno stile forse commerciale, ma sicuramente originale e di impatto.
Cloverfield è un film da non perdere per la sua originalità, ma soprattutto per la sua capacità di inventare, stupire e terrorizzare.
Grandi emozioni, in virtù di ottime idee.
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