Clifford D. Simak è stato senza dubbio uno dei più importanti esponenti della fantascienza, uno tra coloro che ha saputo portare idee e stilemi innovativi, aprendo strade che prima di lui nessuno aveva visto e che dopo molti altri percorreranno dopo. portavoce di quella fantascienza che privilegiava l'approfondimento della psicologia dei personaggi e un approccio meno tecnologico e più umanistico, produsse libri che hanno lasciato il segno nel genere, come Ingegneri Cosmici, Oltre l'invisibile, Camminavano come noi, L'anello intorno al sole. Ma è con City, romanzo del 1952 tradotto in italiano in Anni senza fine, che Simak raggiunse l'apice della sua capacità narrativa, raccontando la storia futura del passaggio dalla civiltà degli Uomini a quella dei Robot, fino a quella definitiva dei Cani, vista attraverso le vicende della famiglia Webster. Fondamentale in questo romanzo la presenza del robot maggiordomo Jenkins, figura tra le più complesse e magnetiche della fantascienza, che attraversa i secoli evolvendosi fino a sviluppare una potente empatia con gli esseri umani.
Simak è scomparso ormai da quasi vent'anni, ma ogni tanto le sue riflessioni, acute e mai banali, continuano a riapparire in saggi e articoli. E' il caso di SF: The other side of realism, libro curato da Thomas Clareson che raccoglie una nutrita quantità di articoli critici sugli sviluppi e sulle tendenze della moderna fantascienza, con contributi fra i tanti di Judith Merrill, Brian Aldiss, Samuel R. Delany, Stanislaw Lem. Ha incuriosito e causato discussioni la scelta di Clareson di aprire il libro citando uno scritto di Simak del 1969: "Ho sempre avuto la sensazione che se esiste una cosa chiamata mainstream, la fantascienza debba in rientrarvi anche solo marginalmente, dato che chiunque ne scrive o prova a scriverne lo fa dentro i parametri di una tradizione letteraria che si è evoluta, sviluppata e modificata attraverso gli anni. E lo sforzo di 'disassociare' il fantasy (che è un termine pressoché indefinibile) dalla science fiction (che forse lo è altrettanto) equivale alle intricate discussioni su quanti angeli possono ballare sulla testa di uno spillo. Io non penso che dovremmo tentare di separare i due generi, e soprattutto penso che lo scrittore dovrebbe ignorare qualunque artificiale linea di separazione fra essi. Le storie migliori, secondo me, sono semplicemente delle fantasie, anche quando sono basate su estrapolazioni scientifiche o su concetti tecnologici spinti all'estremo, o su qualcos'altro ancora."
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