Harry Potter e l’Ordine della Fenice (2007)
L’ultimo film finora uscito, il quinto, vede ancora resistere a dispetto di mille congetture il trio sempre più affiatato di protagonisti diretto questa volta dal regista televisivo David Yates affiancato dalla sceneggiatura di Michael Goldenberg, che sostituisce il veterano Stave Kloves (riconfermato invece per il prossimo episodio). Il più lungo romanzo della saga si trasforma nel film più corto finora realizzato, ma a dispetto di ciò le forzature e i tagli quasi non si sentono rispetto ai precedenti e l’anima della storia viene mantenuta intatta. Difetti ce ne sono, soprattutto nella piattezza del taglio registico, nelle musiche banali (affidate a uno sconosciuto Nicholas Hooper) e in alcune seccanti forzature del copione riguardo soprattutto la storia tra Harry e Cho appiccicata nel film quasi con fastidio. Chi invece dimostra di non averne sbagliata una per tutti e cinque i film è il reparto casting che ancora una volta ha trovato gli attori migliori per le nuove parti da interpretare, assoldando Imelda Staunton per la diabolica professoressa Umbridge, Helena Bonham Carter per la riuscitissima parte di Bellatrix Lestrange e permettendo a Gary Oldman finalmente un ottimo Sirius come non era stato nei precedenti due episodi (inevitabilmente, perché il morto eccellente dell’episodio è appunto lui). La solidità del film sta soprattutto in una serie di scelte personali del regista che sintetizzano in poche scene intere pagine di libro, così da garantire al contempo la brevità del film senza forzature e un taglio artistico rispetto al piattissimo quarto episodio. Tutto il dramma di Harry riguardo suo padre e i suoi rapporti di gioventù con Sirius è riassunto in poche, brevi battute che tuttavia riescono a dare il senso della vicenda senza dilungarsi. Oltre a ciò, una delle scene più importanti e meglio riuscite è quella dello scontro finale tra Silente e Voldemort, dove assume un ruolo privilegiato – che mancava nel romanzo – il sentimento della pietà di Harry verso Voldemort, attraverso il quale si riesce a leggere il senso ultimo dell’intera saga. In definitiva, il quinto episodio riesce meglio dei precedenti a dire tutto in poco tempo senza tagliare scene e senza sacrificare l’anima del film alle necessità narrative.
E poi?
Il sesto film della saga, Il Principe Mezzosangue, è atteso per il prossimo novembre ed è diretto nuovamente da David Yates: per la seconda volta, quindi, allo stesso regista sono stati affidati due episodi del ciclo. Merito forse del buon lavoro di Yates, che questa volta lavora su una sceneggiatura di Kloves. Dopo una breve ma intensa diatriba, l’attrice Emma Watson ha accettato di partecipare a questo e all’ultimo episodio nei panni di Hermione insieme ai veterani Radcliffe e Grint. La compattezza di questo trio, nonostante le difficoltà, garantirà così un ciclo di film organico e senza cambiamenti dei volti principali. Il volto della principale new entry, Horace Lumacorno, è affidato al britannico James Broadbent, premio oscar nel 2001 per la sua parte nel film Iris. Ancora mistero sul settimo e ultimo episodio, in termini di regia (la sceneggiatura sarà firmata ancora da Kloves). Sia Yates che Columbus che Cuarón si sono detti interessati, insieme al premio oscar messicano Guillermo del Toro. La scelta sarà sicuramente difficile in quanto si tratta del capitolo conclusivo e in quanto tale più delicato dei sette: girarlo male significa guastare senza appello l’intera saga, e nessuno vorrà rischiare tanto.
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